Legge penale su bancarotta e reati nel fallimento
Il delitto di bancarotta fraudolenta commesso da amministratore di società in amministrazione controllata, di cui all’art. 236, comma secondo, n. 1, R.D. n. 267 del 1942, configura un reato di pericolo e non di danno, in quanto tutela, in via anticipata, l’interesse dei creditori alla integrità della garanzia offerta dal patrimonio dell’impresa commerciale esercitata in forma societaria e non richiede che alla procedura alternativa minore faccia seguito la dichiarazione di fallimento. Ciò posto, rilevato che il legislatore ha inteso contestualizzare il reato di bancarotta nelle diverse procedure concorsuali, diversificando così le modalità di offesa dello stesso bene giuridico e attribuendo alle varie ipotesi contemplate valenza autonoma, agevolmente può desumersene che la bancarotta impropria connessa all’amministrazione controllata non può essere omologata alla corrispondente figura concordataria. I presupposti oggettivi e le condizioni operative delle diverse procedure, infatti, caratterizzano, di volta in volta, lo schema della bancarotta, rendendolo unico nel contesto in cui è chiamato ad operare e delineando conseguentemente il relativo profilo di tipicità. La norma incriminatrice di cui all’art. 236 Legge Fall., prevede, invero, fattispecie plurime e autonome tra loro, che fanno specifico richiamo alle distinte procedure dell’amministrazione controllata e del concordato preventivo, richiamo che non può essere virtualmente equiparato, diversamente da quanto accade nella specie, a quello generico di procedure concorsuali prefallimentari.Ai fini dell’integrazione del reato di bancarotta in amministrazione controllata, il decreto di ammissione alla relativa procedura ripete, nell’ambito della corrispondente fattispecie di bancarotta, la stessa natura e gli stessi effetti della sentenza dichiarativa di fallimento. Tale provvedimento, in quanto tale, integra un elemento costitutivo del reato e non già una mera condizione obiettiva di punibilità, presupponendo questa un reato già strutturalmente perfetto, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, con la conseguenza che è solo per effetto dell’ammissione all’amministrazione controllata che determinate condotte del ceto gestorio della società si connotano come bancarotta. Rilevato, pertanto, che il provvedimento giurisdizionale di ammissione all’amministrazione controllata è elemento costitutivo del reato, la intervenuta soppressione di ogni riferimento ad esso, attuata dalla modifica normativa introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006 coinvolge necessariamente la cancellazione dell’art. 236 Legge Fall., nella parte in cui richiama il
detto istituto e fa dipendere dalla operatività del medesimo la punibilità delle condotte. Stante la intervenuta abrogazione del delitto di bancarotta impropria connessa all’amministrazione finanziaria, in assenza di qualsivoglia disposizione transitoria che disciplini gli effetti dell’abrogazione sulle disposizioni incriminatrici, in accoglimento del proposto ricorso, deve procedersi alla revoca della sentenza avente ad oggetto la condanna in ordine al suddetto reato perché il fatto non è più previsto come tale dalla legge. Qualora il fenomeno di diritto intertemporale nel settore penale abbia ad oggetto la fattispecie legale astratta – ovvero la parte della norma incriminatrice che descrive la condotta penalmente rilevante e sintetizza sostanzialmente il precetto – poiché ridefinito il perimetro del penalmente rilevante, la modifica normativa, intesa in senso lato, potrà incidere sul testo di una norma incriminatrice già esistente, potrà abrogare la detta norma, nonché, all’opposto, creare una nuova figura di reato prima non contemplata. In ipotesi siffatte troverà applicazione la disciplina dettata dai commi primo e secondo dell’art. 2 c.p. Al contrario, in caso di successione di norme meramente modificative della disciplina della fattispecie, non verrà in discussione la rilevanza penale del fatto che l’ordinamento continua a configurare come reato, bensì la regolamentazione di tale fatto, che, confrontata con quella del tempo in cui fu commesso, può essere più o meno favorevole all’agente, con conseguente applicazione delle disposizioni contenute rispettivamente nel quarto comma e nel primo comma del medesimo art. 2 c.p. Alla modifica normativa della fattispecie legale astratta consegue il fenomeno della abolitio criminis, il quale trova realizzazione nella ipotesi in cui l’intervento legislativo posteriore, alterando la fisionomia della fattispecie, ne sopprima un elemento strutturale e, dunque, la figura di reato in essa descritta. Accadrà, invero, che il fatto, già penalmente rilevante, diventa penalmente irrilevante per effetto della intervenuta abrogazione di quel determinato elemento, quale conseguenza del mutato giudizio di disvalore insito nella scelta di politica criminale, cui consegue l’applicazione del disposto di cui all’art. 2, comma secondo, c.p.. Cass. pen., Sez. Un., ud. 26 febbraio 2009, dep. 12 giugno 2009, n. 24468
DOMANDA COMAI NON CE LARTICOLO 223 L267 I42 C1.E 2 CHI MI PUO SPIEGARE QUESTE LEGGE
DOMANDA