Legittima la sanzione dell’ordine se il professionista non si aggiorna Cassazione civile , sez. III, sentenza 01.02.2010 n° 2235
Sottrarsi agli adempimenti previsti per la formazione continua dagli Ordini professionali costituisce illecito disciplinare.
Il
mancato aggiornamento comporta, infatti, un danneggiamento al decoro e
al prestigio della professione, soggetto, quindi, alle stesse sanzioni
previste in caso di compimento di errori gravi tecnici.
Eventuali sanzioni applicate saranno, pertanto, pienamente legittime.
A confermarlo è
con la recente ordinanza 1° febbraio 2010, n. 2235 con cui è stato (in
parte) respinto il ricorso di un notaio al quale era stata applicata la
sanzione disciplinare della censura in quanto aveva conseguito
solamente 93 crediti in luogo dei 100 richiesti per il biennio
2006-2007.
Nella decisione in commento i giudici hanno precisato che “…il
notaio deve curare l’aggiornamento della propria preparazione
professionale mediante l’acquisizione di specifiche conoscenze di tutte
le materie giuridiche che la riguardano tale aggiornamento il notaio S.
doveva porre in essere nell’arco di due anni (maturando nel corso di 24
mesi 100 crediti formativi) e la sanzione comminata allo stesso
riguarda un comportamento continuato nell’arco di due anni, e non
integrante, pertanto, una condotta isolata”.
Il
regolamento per la formazione professionale continua prevede all’art. 6
comma 2 e 3 che il mancato adempimento dell’obbligo formativo e la
mancata o infedele certificazione del percorso formativo seguito
costituiscono illecito disciplinare .
La sanzione è commisurata alla gravità della violazione.
Non è, dunque, prevista una sanzione predefinita, in coerenza con l’art. 2 del codice deontologico forense secondo cui “Spetta
agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate
e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le
sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener
conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche
circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare
l’infrazione”.
La possibilità di una sanzione
disciplinare è stata presa in considerazione sulla base di eventuali
circostanze che possono condizionare i tempi di acquisizione dei
crediti formativi: ad esempio i motivi di salute possono impedire la
frequenza dei corsi tenuti fuori dalla propria sede.
Allo
scopo di evitare il rischio di sanzioni disciplinari nonché difficoltà
in ordine alle trasferte e impegni di lavoro, molti ordini
professionali hanno introdotto la modalità di formazione a distanza e l’autoformazione.
Infatti, il Consiglio Nazionale Forense ha, a tal proposito, approvato un sistema di corsi e – learning direttamente usufruibile nel proprio studio con la consegna di un attestato finale per i crediti.
La
partecipazione del professionista, in tal caso, avviene dinanzi al
video ed è confermata dalla presenza di quiz a sorpresa causali che
appaiono durante la stessa video lezione.
Con la
decisione in commento, viene, altresì, ribadita la obbligatorietà della
formazione professionale, nonché la legittimità della applicazione di
sanzioni disciplinari in caso di mancato raggiungimento dei crediti
richiesti.
Nel testo si legge ancora che “ai
fini dell’applicazione di specifiche circostanze attenuanti rispetto
alla sanzione disciplinare irrogata, deve comunque essere tenuta in
considerazione l’eventuale esistenza di particolari e comprovate
condizioni di salute che impediscono al professionista di raggiungere
il numero minimo di crediti formativi previsti”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Ordinanza 1 febbraio 2010, n. 2235
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1.
Con pronuncia 5 novembre 2008 la Commissione Amministrativa Regionale
di Disciplina del Notariato di Ancona ha applicato, a carico del notaio
S.D. la sanzione disciplinare della censura, avendo accertato
l’illecito disciplinare consistito della omessa acquisizione del numero
minimo (cento) crediti formativi per il biennio 2006-2007, da
acquisirsi mediante partecipazione a apposite iniziative di formazione
e aggiornamento, come previsto dagli articoli 1 e 9 del Regolamento per
la Formazione Notarile, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato.
Avverso
tale pronunzia ha proposto gravame lo S. ma la Corte di appello di
Ancona, con sentenza 4-23 marzo 2009, ha rigettato il reclamo.
Per
la cassazione di tale sentenza, notificata il 5 maggio 2009, ha
proposto ricorso affidato a 3 motivi, con atto 29 giugno 2009 lo S..
Non ha svolto attività difensiva in questa sede il Consiglio Notarile di Ancona.
2.
Assumendo lo S. che il mancato raggiungimento del plafond di crediti
formativi integrava una mancanza a carattere occasionale e che – di
conseguenza – non sussistevano i presupposti per la attivazione della
potestà sanzionatoria, la Corte di appello di Ancona ha disatteso tale
difesa evidenziando che se la occasionante della mancanza, quale
ragione di esclusione della sanzione, è prevista in linea generale, per
le violazioni previste dal codice deontologico notarile, il Regolamento
sulla formazione professionale richiama l’art. 147 della legge notarile
solo quoad poenam, mentre, per quanto riguarda i presupposti
comportamentali dell’addebito, essi sono rigidamente e tassativamente
definiti dal Regolamento stesso, e sì identificano in forma tipica, con
il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, senza riferimento
alcuno al carattere abituale o occasionale della mancanza, definita in
forma rigida e tipica.
3. Il ricorrente censura nella parte de qua la sentenza impugnata con il primo motivo.
Con
tale motivo il ricorrente, in particolare, il ricorrente denunzia
violazione della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 147, lett. b), come
sostituito dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 30 (in s.o. n. 184
alla G.U. 11 agosto, n. 186) e concomitante violazione degli art. 1 e 9
del Regolamento sulla formazione professionale permanente dei notai
italiani, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato nel 2005.
Formula,
ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. il ricorrente il seguente quesito di
diritto: dica la Corte, promesso che il ricorrente era incorso per la
prima volta nella violazione del Regolamento sulla formazione
professionale permanente dei notai, se l’art. 147 legge notarile sia
richiamato dall’art. 9 del citato regolamento (Regolamento sulla
formazione professionale permanente dei notai italiani) solo quoad
poenam e cioè solo ai fini della applicazione delle sanzioni vi
previste, come ha ritenuto la Corte anconitana, ovvero se la fonte del
potere disciplinare per la violazione delle norme deontologiche, quali
sono quelle contenute nel citato regolamento sulla formazione, vada
rinvenuta proprio nello stesso art. 147, comma 1, lett. b) della legge
notarile che sanzione la condotta di un notaio che viola in modo non
occasionale delle norme deontologiche e, quindi, non sia punibile una
isolata violazione delle stesse, come sostiene il ricorrente.
4. Non pare che il motivo possa trovare accoglimento.
A
norma dell’art. 2, lett. f) (aggiunta dalla L. 27 giugno 1991, n. 220,
art. 16) della L. 3 agosto 1949, n. 577, Istituzione del Consiglio
Nazionale del Notariato, detto Consiglio, per quanto rilevante al fine
del decidere elabora principi di deontologia professionale.
Nell’ambito
di tali attribuzioni il Consiglio Nazionale del notariato ha adottato i
Principi di deontologia professionale dei notai (cd. codice
deontologico) che all’art. 2 prevede, espressamente, da un lato, che il
notaio, anche a tutela dell’interesse generale, deve curare
l’aggiornamento della propria preparazione professionale mediante
l’acquisizione di specifiche conoscenze di tutte le materie giuridiche
che la riguardano, dall’altro, che il consiglio nazionale stabilisce,
con apposito regolamento le modalità della formazione permanente
obbligatoria dei notai.
Al riguardo è stato adottato il
Regolamento sulla formazione professionale permanente dei notai che,
all’art. 9 espressamente, sotto la rubrica Sanzioni. Poteri dei
Consigli Notarili dispone:
– il mancato assolvimento dell’obbligo di formazione biennale costituisce illecito disciplinare;
– i Consigli Notarili provvedono ad applicare le sanzioni nei limiti di competenza loro assegnati dall’art. 147 l. n..
Come
noto l’art. 147 della legge notarile, nella sua originaria
formulazione, prevedeva che il notaro che in qualunque modo comprometta
con la sua condotta nella vita pubblica o privata la sua dignità e
reputazione e il decoro e prestigio della classe notarile, o con
riduzioni degli onorari e diritti accessori faccia ai colleghi illecita
concorrenza, è punito con la censura o con la sospensione fino ad un
anno, e nei casi più gravi con la destituzione. la destituzione sarà
sempre applicata qualora il no taro, dopo essere stato condannato per
due volte alla sospensione per contravvenzione alla disposizione del
presente articolo, vi contravvenga nuovamente.
Diversamente,
il nuovo art. 147 prevede – per quanto rilevante in questa sede – che
E’ punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei
casi più gravi, con la destituzione, il notaio che pone in essere una
delle seguenti condotte: … b) viola in modo non occasionale le norme
deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato.
Pacifico
quanto precede è palese la infondatezza dell’assunto di parte
ricorrente e cioè la non punibilità della condotta dallo stesso messa
in essere atteso che è la prima volta che lo stesso non ha maturato i
crediti professionali del caso.
Al riguardo è
sufficiente considerare – a prescindere da ogni altra considerazione –
che nella specie la violazione contestata è stata posta in essere senza
ombra di dubbio in modo non occasionale.
Se, infatti, il
notaio deve curare l’aggiornamento della propria preparazione
professionale mediante l’acquisizione di specifiche conoscenze di tutte
le materie giuridiche che la riguardano tale aggiornamento il notaio S.
doveva porre in essere nell’arco di due anni (maturando nel corso di 24
mesi 100 crediti formativi) e la sanzione comminata allo stesso
riguarda un comportamento continuato nell’arco di due anni, e non
integrante, pertanto, una condotta isolata.
5. Sempre
con il primo motivo il ricorrente prospetta la dubbia costituzionalità
della norma che pone, a carico dei notarti, l’obbligo di formazione e
aggiornamento sanzionandolo disciplinarmente, così introducendo un
nuovo requisito non previsto dalla legge per l’esercizio della
professione.
6. La questione pare inammissibile,
dovendosi escludere, da un lato, e in via assorbente, che siano
suscettibili di sindacato di legittimità costituzionale le norme
deontologiche elaborate da un consiglio dell’ordine professionale, e
dall’altro, – comunque – che possa ravvisarsi, nell’obbligo imposto a
un professionista di formazione e aggiornamento, la introduzione di un
nuovo requisito per l’esercizio della professione, altrimenti coperta
da riserva di legge.
Non può, del resto, dubitarsi che
la circostanza che gli ordinamenti professionali impongono ai propri
iscritti determinati comportamenti – conformi al loro codice
deontologico – non significa che detti ordini introducano requisiti,
per l’esercizio delle varie attività professionali non previste
espressamente dalla legge.
7. Non risulta dimostrato –
ha affermato la pronunzia impugnata – alcun fatto di forza maggiore o
caso fortuito che avrebbe in ipotesi potuto giustificare il predetto
comportamento omissivo, essendo pacifico e non discusso che il
professionista nel biennio in questione, ha continuato a svolgere
regolarmente la propria attività professionale evidentemente in assenza
di impedimenti, dovuti a motivi di salute o altro, che in ipotesi
potessero essere stati impeditivi anche dell’ adempimento agli obblighi
di formazione e aggiornamento professionale di cui trattasi.
8.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ancora, la omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360
c.p.c., n. 5 in relazione alla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 144,
come sostituito dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 26.
Premesso,
in particolare, di avere presentato documentazione medica certificante
la esistenza di diverse patologie (di cui esso concludente è affetto)
il ricorrente, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. precisa che il giudice
di merito non ha trattato la prospettata questione giuridica relativa
al concorso delle attenuanti, omettendo l’attività di esame delle
circostanze di fatto risultanti dagli atti e dalla documentazione
prodotta, inerenti in particolare le condizioni del ricorrente, la
difficoltà di effettuare trasferte per partecipare a eventi formativi,
il suo dimostrato impegno nella formazione professionale e la mancanza
di solo 7 crediti formativi, che, ove valutate, avrebbero comportato
una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda, con
la conseguente sostituzione della sanzione della censura con quella
dell’avvertimento ai sensi dell’art. 144 legge notarile.
9. Il motivo pare manifestamente fondato, alla luce delle considerazioni che seguono.
9.1.
Con riguardo alla eventualità il notaio non raggiunga, per un biennio i
crediti professionali del caso il regolamento sulla formazione
professionale, ricordato sopra, all’art. 10, sotto la rubrica Dispensa
prevede che: I notai sono temporaneamente dispensati dall’obbligo di
formazione permanente, quando si verificano le seguenti situazioni:
– malattia documentata, per un periodo di tempo non inferiore ad un mese;
– interruzione per un periodo non inferiore a sei mesi dell’attività professionale;
–
gravidanza e maternità (per un periodo di tempo pari a cinque mesi,
analogamente al periodo di astensione obbligatoria dal lavoro previsto
per le donne lavoratrici dalla L. n. 53 del 2000, salve l’astensione
dall’attività professionale e la malattia documentata);
– altre ipotesi individuate dal Consiglio Nazionale del Notariato.
Per
ciascuno dei casi sopraindicati, dall’obbligo biennale dei 100 CFP
andranno sottratti i crediti formativi in proporzione ai mesi di
dispensa.
Non ricorrendo, nel caso concreto, alcuna
delle ipotesi previste dal sopra ricordato regolamento, per la
esclusione della responsabilità del notaio, non pare censurabile, in
questa sede, l’apprezzamento – ancorchè implicito – negativo formulato
dai giudici a sulla non idoneità della certificazione medica in atti, a
giustificare le attenuanti sollecitate dal reclamante.
9.
2. Quanto precede, peraltro, non esclude che pur risultando pacifico
che lo S. aveva prospettato la esistenza di particolari condizioni di
salute che gli avevano impedito di raggiungere i crediti formativi
minimi previsti – e quindi, in buona sostanza, la ricorrenza di
specifiche circostanze attenuanti a norma dell’art. 144, comma 1, legge
professionale, nulla ha osservato al riguardo la pronunzia impugnata,
omettendo di indicare le ragioni che sì opponevano alla concessione di
tale beneficio.
10. Deducendo l’odierno ricorrente che
la Commissione Amministrativa di primo grado aveva diversamente
sanzionato (meno gravemente) altri colleghi che erano incorsi in
infrazioni più gravi rispetto a quella da lui posta in essere (avendo
costoro raggiunto un numero di crediti formativi inferiore al suo) la
Corte di appello ha disatteso tale censura affermando che la disparità
di trattamento riguarda la diversa fattispecie della patologia degli
atti a carattere discrezionale, impugnabili innanzi al giudice
amministrativo, e non riguarda invece l’esercizio della potestà
sanzionatoria disciplinare che è retta da presupposti tipici di atti
dovuti e sotto tale profilo le vicende disciplinari afferenti altri
professionisti del medesimo distretto notarile non possono essere
oggetto di cognizione da parte di questa Corte in quanto concernono
rapporti giuridici estranei a quello dedotto a oggetto del presente
giudizio.
11. Con l’ultimo motivo il ricorrente censura
la sentenza impugnata nella parte de qua lamentando violazione dei
principi portanti del procedimento disciplinare: in particolare quelli
di parità di trattamento e i di proporzionalità sanzionatoria.
12. Il motivo è inammissibile.
In
tema di ricorso per cassazione, a seguito della novella introdotta dal
D.Lgs. n. 40 del 2006, il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma
1, n. 6, per essere assolto, postula che nel detto ricorso sia
specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato dal
ricorso stesso, risulta prodotto, in quanto indicare un documento
significa, necessariamente, oltre che specificare gli elementi che
valgono ad individuarlo, dire dove è rintracciabile nel processo.
Pertanto,
qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dal
ricorrente, è necessaria la produzione del fascicolo di parte e
l’indicazione dell’avvenuta produzione in ricorso con la specificazione
che il documento è all’interno di esso; qualora sìa stato prodotto
dalla controparte, è necessaria l’indicazione della sua collocazione
nel fascicolo di tale parte o la produzione in copia; qualora, ai soli
fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione sia ammissibile la
produzione in sede di legittimità, è necessaria l’indicazione e la
produzione unitamente al ricorso (In termini, ad esempio, Cass. 12
dicembre 2008, n. 29279, nonchè Cass., sez. un., 31 ottobre 2007, n.
23019).
Certo quanto precede, non controverso che nella
specie è stata totalmente omessa – nel ricorso – la specifica
indicazione dei documenti sui quali si fonda il terzo motivo di ricorso
(cioè i provvedimenti disciplinari a carico di colleghi dell’odierno
ricorrente recanti sanzioni meno gravi di quella applicata nei suoi
confronti, documenti dalla cui lettura non può prescindersi al fine di
verificare la fondatezza, o meno, delle censure prospettate dal
ricorrente) è evidente che deve dichiararsi la inammissibilità del
terzo motivo.
Conclusivamente, dichiarata la
inammissibilità del terzo motivo e la manifesta infondatezza del primo,
pare manifestamente fondato il secondo.
3. Ritiene il
Collegio di dovere fare proprio quanto esposto nella sopra trascritta
relazione, specie tenuto presente che non sono state presentate
repliche alla stessa.
Il proposto ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile.
Nessun
provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di questo giudizio di
legittimità non avendo gli intimati svolto in questa sede attività
difensiva.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso;
rigetta il primo; dichiara inammissibile il terzo;
cassa
in relazione al motivo accolto la pronunzia impugnata e rinvia la causa
alla stessa corte di appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2010.