Legittima l’ispezione nel domicilio del contribuente se l’abitazione figura nell’elenco telefonico come rivendita
Se da una serie di elementi emerge che l’abitazione costituisce la sede
reale dell’attività commerciale, il Fisco ha di sicuro un legittimo
motivo per chiedere l’autorizzazione alla Procura della Repubblica di
accesso al domicilio del contribuente per una verifica fiscale da parte
della Guardia di finanza. Insomma, non può considerarsi illegittima
l’ispezione se si risulta, ad esempio, che nell’elenco telefonico al
titolare della ditta sono intestate due utenze telefoniche: quella
dichiarata, che veniva indicata come deposito e quella dell’abitazione
che veniva indicata come rivendita dell’attività commerciale. Lo ha
chiarito la Cassazione nella sentenza 7814/10 con cui ha accolto il
ricorso dell’Agenzia delle Entrate che aveva censurato il verdetto
d’appello nella parte in cui aveva ritenuto illegittima
l’autorizzazione all’accesso domiciliare di un contribuente perché
priva di motivazione circa la sussistenza di gravi indizi di violazioni
finanziarie. Nell’annullare con rinvio la decisione impugnata, infatti,
la Suprema corte ha sottolineato come la Commissione tributaria
regionale, ai fini della legittimità dell’ispezione, non aveva valutato
una serie di elementi che avevano portato a ritenere il domicilio come
la sede reale dell’attività commerciale mentre la sede dichiarata
svolgeva la funzione di deposito. Ai giudici del rinvio, dunque, il
nuovo esame della causa alla luce degli elementi trascurati o valutati
contraddittoriamente.