Legittimo il licenziamento del dipendente per riduzione del lavoro manuale derivante dall’evoluzione tecnologica
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3629 dell’8 marzo 2012, ha riconosciuto la legittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore motivato da “crisi settoriale” intesa come “rarefazione dei classico lavoro manuale di ufficio conseguente alla introduzione di nuove tecnologie informatiche necessarie al fine di mantenere la competitività della impresa.”. Nel caso di specie, il lavoratore licenziato era contabile di un’azienda, che aveva provveduto all’informatizzazione di gran parte del lavoro con la conseguente diminuzione del “lavoro manuale” che caratterizzava le mansioni del dipendente. Per la Corte territoriale la sussistenza della crisi nel senso così specificato aveva trovato pieno riscontro probatorio, essendo stati dimostrati, sia l’effettiva introduzione di nuove tecnologie informatiche, peraltro mai negata dal ricorrente, sia il conseguente notevole risparmio di tempo tale da rendere esuberante l’organico. La scelta del lavoratore da licenziare era giustificata dal fatto che gli altri dipendenti, adibiti a mansioni equivalenti alle sue, possedevano competenze specifiche di cui il ricorrente era sprovvisto ovvero non potevano essere estromessi dal posto di lavoro perché beneficiari (come ad esempio la maternità) di uno speciale regime di protezione legislativa. Nella decisione impugnata, sottolinea la Suprema Corte, “non sono ravvisabili le insufficienze argomentative lamentate dal lavoratore, non potendo essere ricondotta nel quadro del difetto di motivazione l’ipotesi in cui la sentenza, come nel caso in esame, abbia compiutamente esaminato tutti i punti in contestazione, se pur traendone conseguenze giuridiche difformi da quelle pretese dalla parte, ricorrendo il vizio denunziato solo quando le argomentazioni svolte siano inconciliabili fra loro in modo da elidersi vicendevolmente, e tali da rendere impossibile la identificazione del procedimento logico giuridico seguito”.