(Corte di Cassazione, Sez. Un. civ., 8 febbraio 2011, n. 3034)
Nella sentenza n. 3034/2011 le Sezioni Unite si pronunciano in merito alla pretesa lesività – sotto il profilo della violazione della disciplina dettata a tutela della riservatezza – della notificazione a soggetti terzi, avvenuta in esecuzione di un’ordinanza del giudice istruttore, di alcuni verbali di udienza contenenti dati sensibili sullo stato di salute di una delle parti di un precedente procedimento di divorzio. Da ciò, secondo il titolare delle informazioni divulgate, ne sarebbe conseguito l’illegittima diffusione di dati personali che, viceversa, avrebbero dovuto rimanere riservati e che avrebbero dovuto essere trattati secondo la normativa vigente in tema di privacy. Al riguardo le Sezioni Unite, dopo aver rilevato che il D.Lgs. n. 196 del 2003, (codice privacy) stabilisce:
a) che è escluso il diritto di opposizione al trattamento dei dati da parte dell’interessato previsto dall’art. 7, quando il trattamento avvenga per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria (art. 8, comma 2 lett. e);
b) che il trattamento di dati personali non presuppone il consenso dell’interessato ove il trattamento avvenga per difendere un diritto in sede giudiziaria, e sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo necessario al loro perseguimento (art. 24);
c) che la titolarità dei trattamenti dei dati in ambito giudiziario va individuata in capo al Ministero, al CSM, agli uffici giudiziari, con riferimento alle loro rispettive attribuzioni (art. 46);
d) che non è applicabile nella sua generalità la disciplina sul trattamento dei dati personali, ove gli stessi vengano raccolti e gestiti nell’ambito del processo (art. 47).
osserva che la disciplina generale in tema di trattamento dei dati personali subisca deroghe ed eccezioni quando si tratti di far valere in giudizio il diritto di difesa, le cui modalità di attuazione risultano disciplinate dal codice di rito.
Secondo il Giudice della legittimità infatti: “alle disposizioni che regolano il processo deve essere attribuita natura speciale rispetto a quelle contenute nel codice della privacy e nei confronti di esse, quindi, nel caso di divergenza, devono prevalere“.Ne consegue che è astrattamente legittima l’utilizzazione del dato personale altrui a fine di giustizia e che, se l’atto processuale che lo contiene risulta essere stato posto in essere nell’osservanza del codice di rito, non è configurabile alcuna lesione del diritto alla privacy.