Lei parla con sua sorella in casa di lui: il “Grande Fratello” commette reato
Registratore posizionato in casa propria per ascoltare le conversazioni della compagna: convivente o no, trovandosi in un luogo nel quale si svolgevano episodi significativi di “vita privata”, la donna era fiduciosa della tutela della sua privacy. Questo è quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza 8762/13.
Il caso
Un uomo è condannato, nei due gradi del giudizio di merito, per essersi procurato indebitamente, usando un registratore, notizie relative al contenuto di un colloquio intercorso tra la sua compagna e la sorella di quest’ultima (art. 615 bis c.p.). Ricorre in Cassazione sottolineando che il posizionamento del registratore è avvenuto nella propria abitazione, luogo che non può considerarsi certo privata dimora della donna e, di conseguenza, tale condotta non può considerarsi penalmente rilevante. Nulla da fare però, il ricorso presentato è respinto dagli Ermellini. Infatti, il concetto di “vita privata” – si precisa in sentenza – si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato. Nello specifico, nell’abitazione dell’imputato si svolgevano fasi significative della “vita privata” della donna, «e tale certamente deve ritenersi la condotta esplicativa di momenti di intima affettività», anche se non si tratteneva abitualmente in tale luogo. La vittima, proprio perché si trovava in un luogo nel quale si svolgevano episodi significativi della propria “vita privata”, era fiduciosa della tutela della sua privacy e quindi «particolarmente esposta e vulnerabile nei confronti di un comportamento subdolo e sleale da parte della persona cui è affettivamente legata». Pertanto, il ricorso dell’imputato non può essere accolto.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it