L’esposto del privato non vincola l’Ordine se non risulta parte nel procedimento
La Corte di Cassazione, sez VI , con la sentenza 4 gennaio 2012, n. 79 interviene efficacemente in tema di rapporti tra privati cittadini e ordini professionali , chiarendo la posizione dei primi in quelle ipotesi in cui vi sia una situazione di mero fatto. In particolare, nel caso di delitto di omissione di atti di ufficio, ex art. 328 c.p., comma 2, trattandosi di delitto plurioffensivo, il soggetto privato può teoricamente assumere la posizione di persona offesa dal reato, risultando legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione.
Tuttavia una simile conclusione deve essere chiarita nel senso che, ai sensi dell’art. 328 c.p., il dovere di risposta presuppone che sia incardinato un procedimento amministrativo, in assenza del quale non si configura nessun obbligo di risposta.
Nel caso di specie un privato ricorreva avverso il decreto di archiviazione del procedimento penale concernente il reato di omissione di atti d’ufficio continuata a seguito di denuncia presentata nei confronti del Presidente dell’ordine dei medici. Quest’ultimo non aveva mai disposto nulla in relazione ai plurimi esposti presentati dal ricorrente all’Ordine dei medici nei confronti di un associato, da lui ritenuto autore di violazioni di norme deontologiche, né il Presidente aveva mai risposto per indicare le ragioni del ritardo. In buona sostanza, si lamenta che l’ordine dei medici non aveva dato luogo nel caso specifico ad una dovuta istruttoria, diretta ad accertare la fondatezza di quanto denunciato né aveva chiarito i motivi del ritardo né i motivi del diniego di assunzione di qualsiasi provvedimento nei confronti del medico.
I giudici di Piazza Cavour ritengono infondati i motivi del ricorso avendo il G.I.P. ampiamente e correttamente argomentato sulla infondatezza del reato con termini che risultano non censurabili dal giudice di legittimità. Infatti, osservano gli Ermellini, non ogni richiesta di atto che il privato sollecita alla P.A. ha idoneità ad attivare il meccanismo per l’operatività della previsione delittuosa di cui all’art. 328, comma 2 cod. pen, restando fuori – si legge nella sentenza – dalla tutela penale quelle richieste che, per mero capriccio o irragionevole puntigliosità, sollecitano alla P.A. un’attività che è dalla stessa ritenuta ragionevolmente superflua e non doverosa.
Nella fattispecie concreta la condotta del Presidente del consiglio dell’ordine dei medici non realizza nessun indebito rifiuto di un atto d’ufficio, in quanto, non essendo il ricorrente parte del procedimento amministrativo, a lui non era dovuta alcuna spiegazione ex art. 328 c.p., con la conclusione che il rifiuto in questo caso non può configurare alcun illecito sanzionabile.
Da qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.