L’Estate alle porte. . . e le bibite alla frutta nel
Con l’arrivo dell’estate aumenta la voglia di bere
qualcosa di fresco che possa dissetarci.
Generalmente si scelgono bibite alla frutta, fresche
e gustose allo stesso tempo. Fra i più scelti ci sono
i tè (alla pesca o al limone), succhi di frutta, spremute,
bevande analcoliche…
Ma siamo proprio sicuri che i prodotti scelti siano
veramente così dissetanti e allo stesso tempo poco
energetici? Molto spesso nel comprare una bibita
non prestiamo attenzione all’etichetta che indica le
qualità e l’apporto calorico del prodotto stesso e
finiamo per credere che le bibite siano più o meno
tutte uguali.
Sarebbe, invece, opportuno prestare più attenzione
alle etichette, leggerle attentamente e scegliere
con cura il prodotto da acquistare! Esiste, infatti,
una differenza fra le bibite alla frutta. Molte risultano
più una combinazione di zuccheri, aromi e coloranti
che un vero e proprio concentrato di frutta.
– I succhi di frutta sono una tipologia ben definita di
prodotto, regolamentata da un apposito D.P.R. del
1982 e da successivi Decreti Ministeriali (1992 e
1996) al fine di evitare frodi alimentari o la commercializzazione
di alimenti non genuini.
Il “succo di frutta” deve contenere il 100% di frutta,
e può prevedere, in alcuni casi, l’aggiunta di zucchero.
In tal caso la quantità di zucchero aggiunto
deve essere esplicitamente indicata sull’etichetta
del prodotto con la menzione “zuccherato” accanto
alla denominazione del prodotto.
La massima quantità di zucchero aggiunto consentita
dalla legislazione è di 100 g per litro con la sola
eccezione dei succhi di limone, lampone e ribes per
i quali, data la natura aspra del frutto, è consentita
l’aggiunta di zucchero fino a 200 g per litro.
I succhi di frutta sono sottoposti a un processo di
pastorizzazione, al fine di garantirne la sterilizzazione
ed evitare il fenomeno della fermentazione, processo
chimico in cui microrganismi detti fermenti
(lieviti, muffe, batteri) demoliscono i carboidrati.
La frutta, infatti, per il suo elevato contenuto di
amido e zuccheri, è particolarmente sensibile a
questo processo chimico. Va sottolineato che la
pastorizzazione, come molti processi termici, diminuisce
il contenuto vitaminico del succo che risulta,
quindi, decisamente inferiore a quello presente
nella corrispondente frutta fresca.
Diversa, invece, dal
succo di frutto è la
“spremuta” con cui ci
si riferisce al succo di
agrumi. Anche in questo
caso, può essere
prevista l’aggiunta di
zuccheri.
Oltre alle su menzionate
bibite alla frutta la
legislazione italiana
prevede:
– il nettare di frutta, in cui la percentuale di frutta
prevista è del 50% a cui vengono aggiunti zucchero e
acqua. La percentuale minima di frutta, in questo
caso,deve essere specificata con la dicitura “frutta
XX% minimo”.
– le bevande analcoliche alla frutta, le aranciate e le
limonate, in cui la percentuale di succo di frutta contenuta
è pari al 12%.
Se, invece, la percentuale di frutta è inferiore al 12% si
parla di bevanda al gusto di…. E’ chiaro che in questo
caso la quantità di zucchero aggiunto alla bevanda è
eccessivo e pertanto anche se la bibita conserva una denominazione
e un’etichetta che richiamano la frutta, di essa,
in realtà, conservano ben poco! Il loro ingrediente principale
è l’acqua seguita da una buona dose di zuccheri e
aromi di varia natura. Risultano, quindi, povere di
vittamine e sali minerali.
Una volta individuata la bibita in base alla classificazione su
menzionata, è opportuno considerare altri due aspetti fondamentali: il loro apporto calorico e la genuinità degli
ingredienti con cui è stata preparata.
L’apporto calorico
Prestate attenzione all’apporto energetico della bevanda
da voi scelta e cercate di privilegiare sempre quelle meno
caloriche fra cui quelle senza zucchero aggiunto e i succhi
non concentrati. Vi ricordiamo che il succo concentrato
oltre ad essere poco saziante, fornisce un elevato apporto
calorico e non contiene numerose sostanze, in primis le fibre.
Per quanto riguarda le bevande al gusto di ….è importante
ricordare che una bibita di questo tipo (200 ml circa) può
contenere anche 120 kcal, fornite completamente da zuccheri
semplici, che contribuiscono, forse ancor più delle
merendine o degli spuntini, ad innalzare la vostra quota
calorica giornaliera. Si tratta di un apporto calorico eccessivo
ed inutile perché non accompagnato dall’ ingestione di
principi nutritivi, utili al nostro organismo.
La genuinità degli ingredienti
La legislazione italiana vieta, nella produzione di tali bibite,
l’aggiunta di coloranti mentre prevede l’utilizzo di additivi.
La maggior parte degli additivi utilizzati nella produzione
delle bibite alla frutta sono l’acido ascorbico (E300, usato
come antiossidante), l’acido citrico (come correttore di acidità),
l’acido lattico, i carbonati di calcio (E170) e i tartrati di
potassio (E336). Tuttavia nel processo di filtraggio del
succo è ammessa la possibilità di utilizzare l’ anidride solforosa
per stabilizzare il succo e di aggiungere aromi.
Ovviamente, la presenza di tali aromi penalizza il prodotto
in quanto è un tentativo di esaltarne il gusto rendendolo più
deciso come se la frutta adoperata non bastasse a rendere
il prodotto gustoso!!
E’ sconsigliabile, inoltre, l’uso di bevande che contengano
una dose eccessiva di dolcificanti e zuccheri che se da un
lato conferiscono al prodotto un gusto più deciso e dolce,
dall’altro lo rendono eccessivamente calorico e
poco ricco di fibre!
I dolcificanti nelle bevande: l’Aspartame
L’aspartame è un edulcorante intenso a basso tenore calorico. Si presenta come una polvere bianca e inodore ed è
circa 200 volte più dolce dello zucchero.
L’aspartame è utilizzato in una serie di prodotti alimentari quali bevande, prodotti di pasticceria e
confetteria, prodotti lattieri, gomme da masticare, prodotti a basso tenore energetico e dietetici,
nonché come edulcorante da tavola in tutto il mondo. L’aspartame è autorizzato da molti anni in
numerosi paesi sulla base di valutazioni di sicurezza realizzate.
L’edulcorante e i suoi derivati formano oggetto di ricerche approfondite da più di vent’anni, ivi
compresi mediante studi sperimentali sugli animali, ricerche cliniche, studi sulle quantità assunte e
studi epidemiologici. Esso è peraltro oggetto di una sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
L’aspartame è stato giudicato sicuro per il consumo umano nel riesame condotto dal comitato
scientifico dell’alimentazione umana (SCF) nel 2002. Nel 2005 la Fondazione Ramazzini di Bologna (Italia) ha pubblicato
i risultati di un nuovo studio sulla cancerogenicità dell’aspartame sui ratti. Lo studio e i risultati della Fondazione
Ramazzini sono stati oggetto di valutazione da parte del gruppo AFC dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza
Alimentare) che in un parere del Maggio 2006 ha ribadito la sicurezza del suo impiego.
alimenti sicuri Ma è possibile che senta dire sempre più spesso che nel ciclo di alcuni alimenti spesso capitino animali che venogono macerati e non tolti??? Sono preoccupatissima vi prego rispondetemi!!!