L’ex moglie e i parenti mantengono i figli, ma non viene meno la responsabilità penale del padre inadempiente
Un padre viene condannato in primo grado per aver fatto mancare i mezzi
di sussistenza ai figli minori omettendo di versare l’assegno di
mantenimento stabilito dal giudice civile.
La Corte d’appello,
rilevata la saltuarietà dei lavori svolti dal soggetto condannato
confermava la pronuncia di primo di grado sottolineando che l’addotto
stato di impossibilità economica era da imputarsi a comportamento poco
responsabile dello stesso genitore, il quale, pur conoscendo i propri
doveri, persisteva nel mantenimento di uno status lavorativo del tutto
inadeguato all’adempimento dei propri obblighi.
Adìta la Suprema
Corte, il ricorrente motiva il proprio gravame sulla mancanza totale
dei presupposti integrativi della fattispecie ex art 570 cod. pen.
Egli
ritiene di aver sempre provveduto a corrispondere all’ex moglie un
assegno di mantenimento di £ 300.000 e che solo dopo la
rideterminazione dello stesso nella somma di £ 500.000 si era trovato
nell’impossibilità materiale di adempiere. Un pagamento inferiore,
sempre sulla base delle tesi difensive, non equivarrebbe a mancato
adempimento.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 46822 depositata il 4 dicembre 2009 decide per l’infondatezza del ricorso.
L’imputato,
infatti, si sarebbe sottratto senza motivo ad un obbligo scaturente ex
lege ed indipendente dal fatto che altri, in sua vece, provvedessero al
mantenimento dei figli.
Il fatto, poi, che l’inadempimento parziale
non sarebbe sufficiente ad attivare il giudizio di rimproverabilità ex
art. 570 cod. pen. è del tutto privo di fondamento.
È proprio tale
comportamento del genitore che ha determinato una necessaria
integrazione quantitativa dell’assegno di mantenimento da parte dell’ex
moglie e dei suoi familiari.
In decisioni precedenti la Cassazione
ha sancito che l’obbligo di assicurare ai figli di minore età i mezzi
di sussistenza grava su entrambi i genitori e “permane
indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali né
l’assolvimento del predetto obbligo da parte di uno dei genitori
esclude in alcun modo l’altro” (Cass., Sezione sesta penale, 8 gennaio
2003, n. 57).
Altre sentenze ponevano come punto di partenza lo
stato di bisogno dei figli, la cui prova non può essere esclusa dal
fatto che alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provvedano
altri familiari (Cass., Sezione sesta penale, 12 giugno 2003, n. 25723
e concordemente 6 ottobre 2008, n. 38125).
Interessante, dal punto
di vista degli elementi integrativi della fattispecie e perché del
tutto coincidente con il caso che ci vede oggi impegnati è la sentenza
16 aprile 2004, n. 17692: la Corte di legittimità, in tema di omissione
di contribuzione del coniuge di affidatario osservava come “l’eventuale
convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto in tale
situazione, (ovvero nel caso in cui altri familiari vi provvedano)
all’assolvimento del suo primario dovere, non integra un’ipotesi di
ignoranza scusabile di una norma”.
La Suprema Corte conferma
pertanto, ancora una volta, l’orientamento secondo il quale in presenza
di un obbligo di mantenimento dei figli la responsabilità penale per
inadempimento permane anche nel caso in cui altri soggetti vi
provvedano de residuo (l’ex moglie con i proventi del proprio lavoro ed
altri familiari) ritenuto provato lo stato di bisogno del soggetto
passivo proprio da quest’ultimo dato.