Licenziamenti automatici per gli statali assenteisti
Il primo capitolo della riforma Brunetta ad entrare in vigore sarà il nuovo sistema disciplinare dei dipendenti pubblici.
Il decreto riporta in ambito legislativo un tema negli ultimi anni
lasciato prevalentemente alla contrattazione, introduce nuove sanzioni
per nuovi comportamenti censurabili e inasprisce le punizioni già
previste dalle regole attuali. Dimezzati, poi, i termini per arrivare
alla sanzione, mentre si introduce la regola generale della non
sospensione di procedimenti disciplinari quando questi siano legati a
processi penali.
Nella fase transitoria convivono entrambe le discipline. In
pratica i fatti avvenuti dopo l’entrata in vigore del decreto (15
giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) dovranno essere
contestati secondo le nuove tipologie; i fatti contestati prima
dell’entrata in vigore seguono la disciplina in cui si sono verificati.
Ai fatti avvenuti prima, ma contestati dopo l’entrata in vigore, si
applicano i nuovi termini e il nuovo iter, ma rimangono le vecchie
sanzioni perché più favorevoli.
Le novità più eclatanti arrivano in tema di assenze ingiustificate
e per malattia. Fino ad oggi l’assenza ingiustificata dal servizio
comportava l’applicazione di sanzioni crescenti in rapporto alla sua
durata, in base a una serie di norme tutte abrogate dalla nuova
disciplina.
Con la riforma, in caso di assenza ingiustificata per più di tre
giorni anche non consecutivi in un biennio, o di sette giorni negli
ultimi dieci anni, o infine di rifiuto di riprendere il lavoro nei
termini prefissati, è previsto il licenziamento. Dalla lettura della
norma, sembra che il conteggio dei giorni vada fatto retroattivamente,
e che quindi possano concorrere a far maturare la sanzione anche i
giorni già maturati se a suo tempo non sono stati contestati e
sanzionati. Il dipendente che timbra il cartellino e poi esce per
motivi personali sarà licenziato in tronco: in questo caso, basta una
sola assenza per chiudere il rapporto. Una volta accertato il fatto,
l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari non ha alcun
potere discrezionale, perché non si prevede nessuna circostanza
“attentuante” in grado di ridurre la sanzione.
Delicata l’ipotesi introdotta in caso di insufficiente rendimento.
Occorrerà modificare i sistemi di valutazione della prestazione,
inserendo parametri oggettivi e predeterminati, per poter stabilire
quale grado di rendimento debba considerarsi insufficiente per almeno
due anni e, di conseguenza, condurre al licenziamento.
Il nuovo codice disciplinare introdotto con la riforma del
pubblico impiego non si limita comunque al licenziamento dei dipendenti
assenteisti, ma mette in campo una ricca serie di sanzioni di varia
gravità a seconda dei fatti messi nel mirino.
Se violando obblighi lavorativi stabiliti da leggi, regolamenti,
contratti o codici di comportamento un dipendente provoca la condanna
dell’amministrazione di appartenenza al risarcimento di un danno, è
prevista la sospensione da un minimo di tre giorni a un massimo di tre
mesi, per un arco di tempo variabile in base all’entità del
risarcimento.
Con la sospensione dal servizio fino a tre mesi viene invece
sanzionato il dirigente o il responsabile di posizione organizzativa
che si macchia di inerzia o sottovalutazione degli elementi che
costituiscono un comportamento illecito del collaboratore. La sanzione
comporta, solo per chi ha qualifica dirigenziale, anche la decurtazione
dell’indennità di risultato del dirigente, per un tempo pari al doppio
della sospensione. La durata della sospensione in questi casi è legata
alla gravità dell’illecito disciplinare che si sarebbe dovuto avviare o
per il quale si sia lasciato scadere anche uno solo dei termini, oggi
dichiarati tutti a pena di decadenza. Il rifiuto o l’omissione di
collaborazione in un procedimento a carico di un lavoratore della
stessa o di altra amministrazione comporta la sospensione fino a 15
giorni.
Queste ultime tipologie sanzionatorie potrebbero comportare un
problema di individuazione della competenza del titolare dell’azione
disciplinare, ma si propende per l’attribuzione in ogni caso
all’ufficio disciplinare, dato che la sanzione massima teoricamente
applicabile eccede la competenza del dirigente e può venire
oggettivamente determinata solo all’esito del procedimento stesso.