Licenziamento disciplinare: contestazione da quando si scopre l’illecito
Immediata sì, ma in senso lato. Non deve essere
fulminea la contestazione al dipendente dell’illecito disciplinare che
sfocia nel licenziamento: possono passare anche mesi dalla condotta riprovevole, ciò che conta è il momento in cui il datore viene a conoscenza dei fatti. Lo precisa la Cassazione con la sentenza 24329/09, emessa dalla sezione lavoro.
E’ stato bocciato il ricorso del
dipendente contro la sanzione espulsiva irrogata dall’azienda. I primi
fatti “incriminati” risalgono a luglio-agosto 2009, ma la contestazione
scatta quasi a fine ottobre seguita ad horas dal licenziamento. E il
principio dell’immediatezza, la buona fede con cui il datore deve
affrontare queste delicate procedure? Nessun problema. Gli organi
direttivi della società apprendono delle irregolarità del dipendente
solo a metà ottobre e una norma del contratto di lavoro consente di
notificare le contestazioni entro trenta giorni dalla data in cui si è
acquisita la conoscenza dell’illecito. E comunque la tempestività di
cui parla la legge va intesa in senso relativo. Non viola il principio
dell’immediatezza la contestazione che scatta dopo il decorso di un
intervallo di tempo più o meno lungo dagli episodi addebitati: ci
sono situazioni, infatti, in cui l’accertamento e la valutazione dei
fatti non si possono esaurire in pochi giorni; così come ci sono
aziende che hanno una struttura organizzativa tanto complessa da far
ritardare il provvedimento di recesso (che pure deve essere tempestivo: la valutazione spetta al giudice del merito). In ogni caso il dies a quo
dell’intervallo di tempo scatta da quando il datore apprende
concretamente i fatti e non da quando astrattamente avrebbe potuto
conoscerli.