Licenziamento illegittimo: lavoratore deve adire il giudice entro 15 mesi Tribunale Milano, sez. lavoro, sentenza 13.11.2009
Tribunale di Milano
Sezione Lavoro
Sentenza 13 novembre 2009
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
Il Giudice di Milano
Dr. Tullio Perillo quale giudice del lavoro
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nella causa promossa
da
XXXXXXX, con l’Avv.to ………., presso lo studio del quale in Milano Via …………………., ha eletto domicilio
RICORRENTE
contro
YYYYYYY,
in persona del legale rapp.te pro tempore, con gli Avv.ti Claudio Moro.
Ezio Moro e Luca Failla, selettivamente domiciliata presso il loro
studio in ……………………;
RESISTENTE
OGGETTO: impugnazione licenziamento per giusta causa.
All’udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti.
FATTO E DIRITTO
Con
ricorso al Tribunale dì Milano, quale Giudice del Lavoro, depositato in
data 7.3.2008, XXXXXX ha convenuto in giudizio YYYYYYYYY per
l’accertamento della illegittimità del licenziamento ìntimatogli in
data 8.11.2005, e la conseguente condanna della convenuta a
reintegrarlo nel posto di lavoro e a risarcirgli il danno ai sensi
dell’ari 18 S.L; in via subordinata ha chiesto dì statuire nei suoi
confronti la minore sanzione proporzionata alla fattispecie
contestatagli con lettera del 16,9.06; con vittoria di spese.
Si
è ritualmente costituita in giudizio YYYYYYY contestando in fatto e in
diritto l’avversario ricorso; in via subordinata la resistente ha
chiesto dì accertarsi in ogni caso la legittimità del licenziamento per
giustificato motivo soggettivo; con vittoria di spese.
il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è fondato.
…omissis…
Per
tutte le suesposte ragioni deve essere dichiarata l’illegittimità del
licenziamento intimato al ricorrente in data 8.11.2005 e ordinato da
YYYYYYYYY l’immediata reintegra di XXXXXXXX nel posto di lavoro,
considerato che non è contestato che per la società trovi applicazione
il regime della c.d. tutela reale.
Quanto al risarcimento dei
danni, che a mente dell’art 18 S.L. ammonta alle retribuzioni (sulla
base della retribuzione globale di fatto pari ad € 1.132,08 come
dedotto dalla stessa parte ricorrente) dal giorno del licenziamento
alla reintegra, occorre innanzitutto rilevare che, a fronte di un
licenziamento intimato in data 8.11.2005 il relativo ricorso avanti
alla sezione lavoro è stato depositato solamente in data 7.3.2008.
Ritiene
questo giudice che l’inerzia del lavoratore nell’adire in tempi
ragionevoli l’autorità giudiziaria non possa e non debba essere fatta
gravare esclusivamente sul datore di lavoro ma, al contrario, debba
essere valorizzata ex art. 1227 cc, avendo contribuito, nei termini di
seguito esposti, ad aggravare l’entità del danno. L’entità del
risarcimento dei danno a seguito dell’accertamento della illegittimità
del licenziamento è, come noto, commisurata dal legislatore alla
retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento
fino a quello della reintegra. Tuttavia la ratio della norma non può
essere portata fino al punto di far gravare sul datore di lavoro
conseguenze risarcitorie che, pur trovando la loro causa accidentale
nell’illegittimo licenziamento, siano essenzialmente determinate da una
condotta quantomeno negligente del danneggiato. Tale principio ha già
trovato accoglimento dalla giurisprudenza della Suprema Corte nel casi
in cui è stata riconosciuta la possibilità di effettuare la
“compensatio lucri cum damno” detraendo I’ “aliunde perceptum” dalle
retribuzioni dovute al ricorrente da parte del datore di lavoro (cfr in
tal senso : Cassazione SSUU. n. 12194 del 13.8.02; Cassazione n. 8494
del 28.5.2003.). In tal caso non ci si trova, evidentemente, di fronte
ad un comportamento colpevolmente inerte del lavoratore, ma ciò che
rileva è l’affermazione del principio generale secondo cui la misura
del danno deve essere determinata evitando che possa esservi una
locupletazione del danneggiato, che. di certo non può “arricchirsi”
oltre quella che è l’effettiva misura del pregiudizio subito.
Orbene,
nel caso in esame, riconoscere al ricorrente il risarcimento per
l’intero periodo trascorso tra il licenziamento e la sentenza di
reintegrazione comporterebbe una ingiustificata valorizzazione del
comportamento colposamente inerte del lavoratore nell’attivare la fase
giudiziale.
Cosi facendo, tuttavia, si arriverebbe a riconoscere
la legittimità di condotte viceversa chiaramente contrarie ai più
elementari canoni di buona fede e correttezza che di certo vigono anche
rispetto allo strumento processuale, di cui non si deve abusare per
ottenere un illegittimo incremento del danno liquidato.
Nel
caso di specie XXXXXXXX è stato licenziato in data 8.11.2005 ed ha
presentato il ricorso giudiziale in data 7.3.2008 a distanza di ben 28
mesi senza allegare alcun plausibile motivo che giustifichi tale
ritardo nell’esercizio del proprio diritto ad impugnare il
licenziamento illegittimo.
Questo giudice ritiene che un
periodo di 15 mesi sarebbe stato assolutamente sufficiente perché il
lavoratore e per lui il suo difensore adisse il giudice per
l’affermazione dell’illegittimità del licenziamento. E a tale periodo
di 15 mesi deve quindi essere limitato il diritto il risarcimento del
danno, cui va aggiunto il periodo di durata del processo di certo non
imputabile al ricorrente.
Pertanto tenuto conto della
retribuzione globale di fatto di XXXXXXX, pari ad € ……… a questi
spetta un risarcimento di € ……. lordi pari a 34 mensilità della
retribuzione globale di fatto oltre interessi e rivalutazione. Da tale
somma deve peraltro essere detratto quale aliunde perceptum quanto
percepito dal ricorrente medio tempore; in data odierna la parte
attrice ha depositato sub. docc. da
49 la relativa documentazione. La convenuta va altresì condannata a
versare i contributi di legge per l’intero periodo di avvenuta
interruzione del rapporto di lavoro. Le spese seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo.
Sentenza provvisoriamente esecutiva ex art. 431 c.p.c.
P.Q.M.
dichiara
l’illegittimità del licenziamento intimato a XXXXXXX in data 8.11.2005;
ordina a YYYYYYY l’immediata reintegra di XXXXXXX nel posto di lavoro
con le stesse mansioni o in mansioni equivalenti; condanna YYYYYY a
risarcire al ricorrente il danno determinato nella misura di €
…………. pari a 34 mensilità della retribuzione globale di fatto
oltre interessi e rivalutazione dal licenziamento al saldo effettivo,
detratto, quale aliunde perceptum, quanto risultante dai documenti da
49 di parte ricorrente, nonché a versare i contributi di legge per
l’intero periodo di avvenuta Interruzione del rapporto di lavoro;
condanna YYYYYYYYYY a rimborsare a XXXXXXXX le spese di lite che si
liquidano in complessivi € ……… oltre accessori.
Sentenza esecutiva.
Milano, 13.11.2009.
Il lavoratore illegittimamente licenziato18, Statuto dei Lavoratori.
deve adire l’Autorità Giudiziaria, entro 15 mesi dal licenziamento,
pena la limitazione del risarcimento del danno spettante ai sensi
dell’art.
Con18, Statuto dei Lavoratori (in tali termini v. Tribunale di Milano 20 febbraio 2006, in Il Lavoro Nella Giurisprudenza 2006, 11 1139).
la sentenza 13 novembre 2009 il Tribunale di Milano ha ribadito il
principio secondo cui, un lavoratore, sia pure illegittimamente
licenziato, ha l’onere di adire l’Autorità Giudiziaria in tempi
ragionevoli, pena la limitazione del risarcimento dovuto ai sensi
dell’art.
Nel
caso di specie, un lavoratore licenziato per giusta causa ha depositato
il ricorso ex art. 414 c.p.c. a distanza ben di due anni e quattro mesi
dal licenziamento. Il Giudice del Lavoro, pur ritenendo il
licenziamento intimato illegittimo in quanto privo di giusta causa, ha,
del tutto condivisibilmente, ritenuto che l’inerzia del lavoratore non
possa essere fatta gravare esclusivamente sul datore di lavoro.
La sentenza in esame, dunque, ha fatto una concreta applicazione del secondo comma dell’art. 1227 c.c.,
che impone al creditore di limitare, usando l’ordinaria diligenza, le
conseguenze pregiudizievoli del danno subito, pena la limitazione del
risarcimento.
Ma qual è il tempo ragionevole per chiedere tutela in sede giurisdizionale?
Il
Giudice del Lavoro ha risposto a tale quesito affermando che un periodo
massimo di quindici mesi costituisca un tempo sufficiente e ragionevole
per adire l’Autorità Giudiziaria e che dunque a tale periodo deve
essere rapportato il danno che il datore di lavoro deve risarcire (a
cui, però, si dovrà aggiungere il periodo di durata del processo,
ovviamente non dipendente dalla volontà del lavoratore).