Licenziamento: è la condotta complessiva a determinarlo
In nome del principio dell’immutabilità della contestazione dell’addebito disciplinare mosso al dipendente è precluso al datore di lavoro il licenziamento per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma non è vietato considerare fatti non contestati e risalenti ad oltre due anni prima del recesso.
Insomma,
per valutare la gravità della condotta del lavoratore, sia sotto il
profilo psicologico delle inadempienze del dipendente che della
proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio, è possibile tener conto anche di altre circostanze confermative della significatività degli addebiti posti a base del recesso.
Il caso
Così la Cassazione con la
sentenza 21795/09 ha respinto il ricorso di un dipendente che sosteneva
l’illegittimità del suo licenziamento perché l’azienda datrice aveva
preso in considerazione anche fatti, di rilevanza disciplinare, non
indicati nella lettera di contestazione propedeutica al recesso.
Circostanze che, invece, la Suprema corte ha ritenuto di grande
importanza perché hanno avvalorato ancor di più la gravità del
comportamento del lavoratore evidenziandone così la sua condotta ripetutamente insubordinata. Insomma, fatti utili per l’irrogazione della sanzione espulsiva.