L’indennizzo equipara le famiglie
Il risarcimento del danno morale agli eredi di una vittima della strada deve essere calcolato secondo gli stessi parametri sia per la «famiglia legale» sia per la «famiglia di fatto».
Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la sentenza 12278/2011, depositata ieri, spiegando che la giurisprudenza, in materia di responsabilità civile, ha da tempo equiparato le posizioni “familiari”, alla sola condizione che «venga fornita, con qualsiasi mezzo, la prova dell’esistenza e della durata di una comunanza di vita e di affetti e di una vicendevole assistenza morale e materiale, cioè di una relazione di convivenza avente le stesse caratteristiche di quelle dal legislatore ritenute proprie del vincolo coniugale».
Il caso preso in esame dalla Corte riguardava un uomo che, lasciata la famiglia legale, aveva instaurato una relazione stabile con un’altra donna, formando una famiglia di fatto di cui faceva parte a pieno titolo anche la figlia della donna, che lui stesso per anni aveva considerato come propria.
Dopo la morte per incidente stradale del capofamiglia, i tre figli legittimi e la moglie avevano chiesto un risarcimento danni alla compagnia di assicurazione della società di trasporti coinvolta nel sinistro.
Sia il tribunale sia la Corte d’appello di Milano avevano riconosciuto un risarcimento danni non solo alla famiglia legale, ma anche alla nuova convivente e alla figlia di questa. Secondo i giudici di merito, «tenuto conto della particolare situazione in oggetto» e della giurisprudenza di legittimità (Cassazione 8976/2005) «in materia di responsabilità civile è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno conseguente alle lesioni o alla morte di una persona a favore del convivente “more uxorio” di questa, pur richiedendo che venga fornita, con qualsiasi mezzo, la prova dell’esistenza e della durata di una convivenza di vita e di affetti e di una vicendevole assistenza morale e materiale, cioè di una relazione di convivenza avente le stesse caratteristiche di quelle dal legislatore ritenute proprie del vincolo coniugale».
La famiglia legale aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando il principio e chiedendo che all'”altra” famiglia non venisse riconosciuto un risarcimento calcolato sulla medesima base (circa 20mila euro ciascuno alla moglie e alla nuova compagna e circa 10mila euro sia ai figli legittimi sia alla figlia naturale).
La Corte di cassazione ha, però, respinto il ricorso della famiglia legale, ribadendo che il legame affettivo con la nuova compagna e con l’ultimogenita era ormai talmente stabile da poter far configirare legittimamente il diritto al risarcimento danni.