L’inno di Mameli nello spot, bufera su Calzedonia. Lettera all’Authority per la sospensione
L’inno d’Italia, sia pure in arrangiamento melodico, non deve essere utilizzato per uno spot pubblicitario di calze da donna. Lo sostengono alcuni parlamentari liguri del Pdl, versus il minifilmato pubblicitario di Calzedonia, chiedendo all’autorità garante per la Concorrenza ed il mercato di far modificare la colonna sonora dello spot. «Con l’Inno Nazionale non si può scherzare! – cita la nota – Tanto più per pubblicizzare dei generi di abbigliamento. Non è consentibile piegare le parole dell’Inno di Mameli a esigenze pubblicitarie ed a finalità di lucro». Ai liguri s’è aggiunto il parere di un consigliere Pdl marchigiano che ha raccolto tremila adesioni Facebook in un gruppo anti-inno nello spot. E il coordinatore milanese del Pdl chiede il ritiro dello spot o inviterà i cittadini a denunciare il creativo, e l’Authority per mancata vigilanza. Lo spot incriminato presenta una sequenza di immagini delicate in modo stupefacente – soprattutto in rapporto al modo in cui le donne vengono generalmente rappresentate in tivù e in qualsiasi fascia oraria – di una ragazza al balcone, una fanciulla in motorino con il fidanzatino, una mamma che pettina la figliola. Il tutto commentato musicalmente da una versione ralenti dell’Inno, che, nell’incipit, diventa Sorelle d’Italia. Nessun commento ufficiale, a ieri sera, del garante o dell’azienda incriminata. I pareri degli italiani, sulla bufera spot, si misurano sui blog e i commenti ai media on line. Focalizzati in gran parte a sottolineare problemi ritenuti più importanti per la collettività; sul migliore utilizzo del tempo di lavoro dei parlamentari. E l’immancabile drappello che considera l’Inno una composizione di bassa caratura musicale, inadatta a rappresentare l’Ideale. Come se sette note facessero davvero la differenza. |