Liquidazione della parcella, va verificata l’attività svolta
(Cassazione civile Sentenza, Sez. II, 31/05/2010, n. 13229)
Con sentenza n. 13229 del 31 maggio scorso, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un contribuente che si era opposto all’onorario liquidato dal giudice in favore del legale che lo aveva assistito in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Secondo i giudici di legittimità, il Tribunale di Napoli ha erroneamente determinato tale compenso, avendo preso a riferimento sia il valore dell’opposizione a decreto ingiuntivo, sia il valore della domanda riconvenzionale, presentata successivamente. Pertanto la Corte ha espresso il principio di diritto secondo cui la liquidazione del compenso deve essere calcolato sulla base del valore della domanda originaria e non sulla base del “cumulo” delle domande presentate. Quadro normativo
Nel caso concreto, il Tribunale di Napoli aveva condannato il contribuente (di seguito anche parte soccombente) al pagamento delle spese dovute per l’attività giudiziale prestata dal proprio avvocato in sede di costituzione in giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Tali spese erano state calcolate sulla base dei dettami di cui al citato art. 6, prendendo a riferimento sia il valore indicato nell’originaria domanda di liquidazione delle spese sia quello indicato nella domanda riconvenzionale presentata successivamente.
La parte soccombente aveva promosso ricorso in Cassazione avverso l’an e il quantum debeatur deciso dal Tribunale di Napoli.
In particolare, veniva lamentata violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.M. n. 585/1994, poiché nel determinare le spese di giudizio non si era fatto riferimento al valore effettivo della controversia, né tantomeno all’art. 1703 c.c., il quale prevede che il compenso deve essere calcolato in base al risultato conseguito e alla diligenza del mandatario nell’esecuzione del mandato.
La decisione della Cassazione
Con la sentenza n. 13229 del 31 maggio 2010, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal contribuente, affermando che il processo logico seguito dal giudice del Tribunale di Napoli per determinare il valore delle spese processuali, non ha fondamento.
I giudici di legittimità, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite n. 19014 del 2007, hanno specificato che il valore della controversia si determina con riferimento al momento in cui viene presentata la domanda di liquidazione delle spese, senza tuttavia prendere in considerazione gli importi per interessi, rivalutazioni monetarie e danni maturati successivamente.
Inoltre, si deve aver riguardo al valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti che stanno in giudizio.
Premesso ciò, la Corte ha sottolineato che i giudici, nel liquidare la parcella del legale che ha prestato l’attività giudiziale, sono chiamati a verificare l’attività svolta dallo stesso, in relazione alle caratteristiche peculiari del caso esaminato, al fine di stabilire se l’importo oggetto della domanda di liquidazione possa costituire un parametro di riferimento idoneo, rispetto all’effettivo valore della controversia pendente.
Nel caso in cui il compenso richiesto si rilevi totalmente inadeguato e sproporzionato rispetto al valore della causa, il legale può essere passibile di un’eventuale azione di responsabilità.
Nel caso concreto la seconda sezione civile della Corte di Cassazione, chiarendo quali siano gli onorari d’avvocato da porre a carico della parte soccombente e quali siano invece quelli che possono essere richiesti al proprio cliente, ha altresì espresso il seguente principio di diritto: “Qualora sia accolta l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta ai sensi dell’art. 645 c.p.c., il compenso dovuto al legale del creditore che aveva chiesto il decreto ingiuntivo opposto deve essere determinato tenendo conto, ai fini del valore della controversia, della domanda originaria, non potendo a tal fine operare il cumulo con la domanda successivamente proposta dall’opposto in sede di costituzione nel giudizio di opposizione”.