L’ira dei pendolari dopo l’Alta Velocità
MILANO — L’Italia della protesta che viaggia sui binari ha
due facce. Il volto del manager del Frecciarossa Mi-To che ieri mattina
è partito da Porta Nuova con venti minuti di ritardo causa assalto al
vagone ristorante in cerca di posti a sedere. E quello dell’impiegata
del Frecciabianca Genova-Livorno che, tra ritardi e vagoni gelidi, ha
affidato la sua delusione a un sms inviato al comitato dei pendolari
liguri: «Sono sul Frecciabianca, medesimo treno di sempre, solo più
costoso».
Fermate cancellate. Eurostar City e Intercity
soppressi. Regionali rallentati «per dare la precedenza all’Alta
Velocità». Ma anche biglietti rincarati. A tre giorni dall’entrata in
vigore del nuovo orario di Trenitalia, cresce il malcontento dei
pendolari dal Piemonte al Veneto, dalla Lombardia alla Puglia, quelli
dei regionali ma soprattutto quelli delle medio-lunghe percorrenze. E
prende corpo nelle forme più diverse: raccolte di firme (in difesa
del Pendolino Bergamo- Cremona- Roma o delle fermate a Follonica e
Cecina), lettere al governo (l’ha inviata la Regione Piemonte, orfana
di collegamenti diretti con il Nord Est e il Sud). E ancora:
occupazioni dei binari (l’hanno organizzata i pendolari della
Firenze-Orvieto-Roma), occupazioni degli uffici dei capistazione (è
successo a Bergamo), litigi agli sportelli per il nuovo sistema di
rimborsi (25% per i ritardi tra i 6o e i 119 minuti, 50 oltre i 119).
Ma anche vertici in prefettura per scongiurare, come dice un
capopopolo di vecchia data, che «la protesta si trasformi in un
problema di ordine pubblico». «Ridateci i nostri treni», hanno chiesto
l’altra sera i pendolari al prefetto di Torino. Da Trenitalia però
replicano: «I treni dei pendolari, quelli regionali e quelli con
sovvenzione pubblica, non sono stati praticamente toccati. Per gli
altri, in regime di libero mercato, sono state introdotte molte più
corse, più veloci, che giustificano i nuovi prezzi. Prezzi che sono
comunque ancora tra i più bassi in Europa».
Ieri la protesta è andata in scena sul Frecciarossa in partenza alle 7.40 da Torino.
Treno affollatissimo. Prima e seconda classe. Anche perché, come
denuncia Altroconsumo, la differenza tra un biglietto e l’altro è di
un euro: «E quindi, considerato il giornale e il caffè gratis, la
prima conviene, è più economica della seconda rincarata del 30%». Un
treno così affollato che in molti, per non stare in piedi, hanno
preso posto nel vagone ristorante. «Tutti fuori o non si parte, chiamo
la polizia», ha avvertito il capotreno. La Polfer è arrivata, il treno
è rimasto fermo per 20 minuti. Poi è ripartito con la carrozza
ristorante al completo e, dicono da Trenitalia, «molti posti
nell’ultima liberi». L’altro giorno in piedi sul Mi-To sono rimasti in
98. «Guariniello ci aiuti lei», hanno chiesto i pendolari al
procuratore aggiunto presente sul Frecciarossa. Ma sempre l’altra
mattina la protesta è scoppiata anche tra i pendolari dell’Intercity
delle 6.05 partito in ritardo e con le carrozze gelide. Tuona Cesare
Carbonari, portavoce dei pendolari della Torino-Milano: «Hanno
sostituito gli Eurostar con Intercity scassati, hanno ridotto le
carrozze, 210 posti in meno a treno. Ci hanno tolto tutti i
collegamenti diretti con il Nord Est e la Puglia. Tutto per invogliare
la gente a viaggiare sull’Alta Velocità ». Parole che ricalcano la
relazione inviata dall’assessore regionale ai Trasporti Borioli al
ministro Matteoli: soppressi in tutto 22 treni Eurostar City, nessun
collegamento diretto con Venezia e Trieste, Bari e Lecce, nessuna
fermata a Verbania e Arona.
Come il Piemonte anche la Liguria si dice «isolata e abbandonata».
«Abbandonata come le tante regioni e le tantissime città non toccate
dall’Alta velocità », afferma la portavoce dei comitati liguri Sonia
Zarino. Il nuovo orario: «Genova guadagna alcuni collegamenti con
Milano e Roma ma perde i diretti con Firenze e ben nove da e per
Torino. Il Tigullio è sempre più isolato». Le tariffe: «Prendiamo il
Roma-Chiavari con un Es City in 2a classe, dai 45,60 euro si è passati
a 50,50, con un risparmio di tempo di ben cinque minuti. Quasi un euro
a minuto». I collegamenti con la Francia: «Una vergogna. Causa il
mancato accordo tra le due ferrovie, obbligo di cambio a Ventimiglia e
impossibilità di consultare un orario unico o comperare un biglietto
per Nizza. Ma queste sono le ferrovie di un Paese civile?».
protesta pendolari roma-napoli anche i pendolari roma napoli stanno protestando: Oggetto: Comunicato dei pendolari dei treni Alta Velocità della tratta ROMA-NAPOLI in riferimento ai nuovi orari, in vigore a partire dal 13 dicembre 2009 Una sentita protesta si sta levando da parte dei pendolari contro i nuovi orari in vigore a partire dal 13 dicembre 2009. Si contesta, in particolare, la soppressione, da parte di Trenitalia, del treno AV 9601 ROMA-NAPOLI delle ore 7.25, senza che sia prevista alcuna valida sostituzione. Da quella data, il primo treno AV partirà da Roma Termini alle ore 09.00, per arrivare a Napoli alle ore 10.10 (e questo salvo ritardi, che al giorno d’oggi si verificano, purtroppo, in maniera molto frequente). In controtendenza rispetto alla campagna pubblicitaria relativa all’Alta Velocità, i nuovi orari penalizzano fortemente tutti coloro che devono recarsi da Roma a Napoli per motivi di lavoro, di studio o per altre esigenze meritevoli di tutela. È evidente, infatti, che il nuovo orario non consente di giungere nella città partenopea negli orari di ufficio. L’alternativa, a partire dal 13 dicembre, sarà quella di prendere un treno ES alle 6.45, che arriva alle 8.30, impiegando ben 105 minuti. Una diversa ipotesi contempla un treno IC delle 7.34, con arrivo alle ore 9.30, per un tempo di percorrenza pari a 116 minuti. L’utenza, in realtà, si aspettava un aumento dei treni in partenza da Roma tra le 7.25 e le 8.30, proprio a fronte della minore durata del tragitto. E questo anche in considerazione dell’aumento del costo dei biglietti e dell’abbonamento. Procedere con la soppressione di un treno in una fascia oraria essenziale, quale quella che va dalle ore 7 alle ore 8.30, senza prevedere valide alternative, soprattutto per chi ha l’esigenza di recarsi a Napoli in tempo utile per avviare la propria attività lavorativa, non si rivela una scelta opportuna per una società che dovrebbe fare, della soddisfazione dei propri clienti, un punto di forza della propria strategia aziendale. Non si spiegano, in definitiva, le ragioni in base alle quali una Società di trasporti di rilievo, come Trenitalia, decida di sopprimere un treno che garantisce a centinaia di pendolari di recarsi a NAPOLI, un treno – quello delle 7.25 – notevolmente frequentato, non da ultimo anche da personalità politiche, che hanno fatto della VALORIZZAZIONE DEL MEZZOGIORNO una irrinunciabile missione politica. Unire l’Italia, dimenticando di valorizzare la realtà territoriale napoletana e non tutelando il diritto dei lavoratori di potersi recare sul luogo di lavoro, è un modo di agire che non fa certo progredire il “Sistema Italia” attraverso la modernizzazione delle infrastrutture.