L’Italia ha salari tra i più bassi e carico fiscale tra i più alti
L’Italia resta in fondo alla classifica Ocse sui salari, ma sale dal 23° al 22° posto superando la Grecia. Lo rileva l’organizzazione parigina nel rapporto ‘Taxing wages’. Il salario netto medio di un single senza figli a carico in Italia è stato di 25.155 dollari nel 2010. La cifra è inferiore sia alla media Ocse (26.436 dollari), che a quella dell’Ue a 15 (30.089). Il salario lordo è stato invece di 35.847 dollari, lievemente superiore alla media Ocse (35.576), ma inferiore a quella europea (42.755). In questa classifica l’Italia è al 19° posto.
A salari bassi si aggiunge il carico fiscale, aumentato di 0,4 punti percentuali rispetto al 2009, quando si attestava al 46,5%. Il cosiddetto cuneo fiscale, che calcola la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore, in Italia è “almeno di 11 punti più alto della media Ocse per ogni tipo di famiglia” ed è al 46,9% se si considera il lavoratore single senza figli. Nella classifica dei Paesi membri dell’Ocse, aggiornata alla fine dello scorso anno, l’Italia sale così dal sesto al quinto posto per peso fiscale sugli stipendi, sorpassando l’Ungheria (46,4%) e restando dietro Belgio (55,4%), Francia (49,3%), Germania (49,1%) ed Austria (47,9%). Il Paese dove il fisco è più lieve è il Cile (7%).
Nel dettaglio, l’Italia sale poi dal quinto al terzo posto, con un cuneo fiscale del 37,2%, se si considera la tassazione sul salario nel caso di una famiglia monoreddito con due figli. Secondo lo studio Ocse, rispetto al 2009 emerge un incremento di 0,03 punti percentuali per i single, derivanti dall’incremento delle tasse sui redditi (+0,1 per le famiglie). La tassa sui redditi in Italia è pari al 15,4% del costo del lavoro, i contributi a carico del lavoratore (sempre single e senza figli) ammontano al 7,2% e quelli a carico del datore di lavoro al 24,3%, per un costo del lavoro totale di 47.347 Dollari (a parità di acquisto), al quattordicesimo posto tra i 33 paesi Ocse.
Se si guarda alla serie storica, salendo al 46,9% nel 2010 (dal 46,8% indicato per il 2009) il cuneo fiscale si riporta ai livelli del 2000 dopo avere toccato un minimo del 45,7% tra il 2003 e il 2005, mentre tra tutti gli altri tipi di famiglie rispetto al 2000 emerge un incremento massimo di 0,2 punti e tra i salari più bassi c’è stata una riduzione di 5,2 punti percentuali rispetto al 2000. Il cuneo fiscale nel 2010 è stato peraltro pari al 43,6% (+0,1 dal 2009 per l’aumento delle tasse sui redditi)) per i salari più bassi nel caso del single e al 27,2% (+0,2 dal 2009) per il single con due figli.
Il rapporto Ocse mette in risalto che l’inasprimento del peso fiscale sulle retribuzioni l’anno scorso ha riguardato 22 paesi sui 34 dell’organizzazione e che l’Europa che si conferma l’area dove il cuneo fiscale drena gli stipendi di oltre il 40% per i single e oltre il 30% per le famiglie con figli. Negli Stati Uniti il cuneo fiscale incide per il 29% sui single e per il 16,3% sulle famiglie con figli.
“Con la stessa pressione tributaria della Germania, gli italiani risparmierebbero 1.400 euro l’anno di tasse. In termini di gettito complessivo, sempre a parità di condizioni fiscali tra i due paesi, l’erario italiano riceverebbe 82 miliardi in meno”. A fare questa dichiarazione, dopo aver letto i risultati presentati oggi dall’Ocse, è stato il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi.
Infatti, a fronte di una pressione tributaria in italia pari al 29,1% del pil, il carico fiscale tedesco raggiunge il 23,7% del pil: praticamente 5,4 punti in meno. “Se, come dimostrano i dati Ocse, i lavoratori dipendenti presentano un livello di tassazione non più sostenibile – conclude Bortolussi – le cose non vanno certo meglio per le imprese, anzi. Sempre secondo una nostra elaborazione su dati Ifc e World bank, l’Italia presenta il record europeo di importo totale delle tasse sugli utili di impresa (68,6%). Le imprese tedesche, sempre per fare un confronto con il nostro paese, registrano un carico fiscale del 48,2% sugli utili, vale a dire 20,4 punti in meno”.