Lite per parcheggio, si fa giustizia da sè ma è assolto
Tolleranza verso il “condomino sceriffo” vittima di
soprusi da parte del vicino. La Cassazione si occupa dell’ennesima lite
condominiale per il parcheggio e decide che «la difesa privata di un
proprio diritto di possesso, anche con il ricorso all’uso di una
violenza reale, è consentito a chi subisca un fatto vanificante tale
diritto (spoglio), allorchè l’autodifesa segua senza soluzione temporale nell’attualità e nell’immediatezza l’azione lesiva» subita.
Così la sesta sezione penale ha annullato la condanna per esercizio
arbitrario delle proprie ragioni (90 euro di multa, pena sospesa con la
condizionale) nei confronti di un condomino della capitale che,
nell’impossibilità di accedere al parcheggio condominiale causa paletto
metallico messo dal vicino per delimitare il suo posto auto, aveva
deciso di farsi giustizia da sè rimuovendo gli impedimenti.
La lite andava avanti da anni: alla fine, il signor
P. – per meglio tutelare il proprio posto auto – aveva addirittura
messo un lucchetto sul cancello di accesso all’area, che è stato
rimosso con forza dal signor F. La vicenda è finita in Tribunale: nei
due precedenti gradi di giudizio F. ha avuto concessa l’attenuante
della provocazione e tutte le attenuanti del caso, ma è stato
condannato per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni
(art. 392 c.p.). Ha però fatto ricorso in Cassazione sostenendo di non
aver fatto altro che esercitare una «legittima difesa» davanti «a una
ingiusta aggressione al libero esercizio del proprio diritto di
transito in uno spazio condominiale comune». Il ricorso è stato
ritenuto fondato sostenendo che «la difesa privata di un proprio
diritto di possesso, anche con il ricorso all’uso di una violenza
reale, è consentita a chi subisca un fatto vanificante tale diritto».
Il giudice del rinvio dovrà «verificare se realmente l’azione reattiva
dell’imputato rispetto all’azione perturbatrice del condomino P. fosse
evitabile e davvero consentisse a F. di adire il giudice civile a
tutela delle proprie ragioni per evitare il prodursi e il protrarsi di
una situazione attuale di danno, senza vedere invece definitivamente
pregiudicata la titolarità del proprio diritto soggettivo».