Lotta alla discriminazione, la Cassazione boccia il Comune che nega il bonus bebè agli stranieri
Per la prima volta dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione secondo
le quali compete al giudice ordinario decidere sulle controversie instaurate
dagli immigrati per contrastare provvedimenti amministrativi discriminatori.
È il principio stabilito con l’ordinanza numero 3670 del 15 febbraio
2011 che riporta Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela
del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
La vicenda riguarda una coppia di immigrati che si era rivolta al
Tribunale perché il bonus bebè era stato riconosciuto dal comune di Brescia solo
ai cittadini italiani. Il Comune si era costituito in giudizio sollevando una
questione di giurisdizione secondo cui sulla legittimità degli atti
amministrativi dovesse decidere il Tar. La Corte ha però rigettato
questa tesi poichè sono in gioco interessi di rango costituzionale. Gli
ermellini, hanno sentenziato, “la Corte è intervenuta, per la prima volta, a
regolare la giurisdizione in ordine ad un’azione antidiscriminazione rivolta
contro un provvedimento autoritativo emesso da una pubblica amministrazione,
stabilendo che, versandosi in materia di diritti soggettivi assoluti, come si
desume dal quadro costituzionale, sovranazionale ed interno di riferimento, la
giurisdizione debba appartenere esclusivamente al giudice ordinario ed i
provvedimenti amministrativi discriminatori debbano ritenersi emessi in carenza
di poteri. Nella specie, un Comune, dopo aver concesso un contributo per ogni
nuovo nato alle famiglie non abbienti (cd. bonus bebé), escludendo gli
stranieri, ed aver subito in relazione a tanto, un’azione antidiscriminazione
promossa da alcuni cittadini extracomunitari, disponeva, all’esito del
provvedimento giurisdizionale che accertava la violazione del principio di
parità ed estendeva il contributo ai genitori stranieri, la revoca del beneficio
sia alle famiglie italiane che straniere. Anche questo provvedimento
veniva denunciato come discriminatorio e, nel corso del giudizio civile, veniva
contestata la giurisdizione del giudice ordinario, affermata, invece, dalla
Suprema Corte sia con riferimento alla fase cautelare che a quella a cognizione
piena dell’azione antidiscriminazione disciplinata dall’art. 4 del d.lgs n. 215
del 2003 e 44 d.lgs n. 286 del 1998”.