L’otto per mille nel mirino della Corte dei Conti
Magistrati contabili al lavoro sulla regolarità dell’otto per mille, il contributo volontario che i cittadini possono destinare, attraverso la loro dichiarazione dei redditi, allo Stato per scopi umanitari o ad istituzioni religiose. In realtà, secondo la legge, destinatari del gettito possono essere, oltre allo Stato e alla Chiesa cattolica, anche l’Unione italiana
delle Chiese Cristiane Avventiste, le Assemblee di Dio
in Italia, la Chiesa
Evangelica Valdese, l’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane e ancora, la Sacra
Arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale, l’Unione Cristiana
Evangelica Battista d’Italia, l’Unione Buddhista
Italiana e l’Unione Induista
Italiana.
A volerci vedere più chiaro è quest’anno la Sezione centrale di controllo della Corte dei Conti sulla
gestione delle Amministrazioni dello Stato, che in una recente relazione pone sotto i riflettori un meccanismo «che permette ai beneficiari di ricevere più
dalla quota indistinta destinata ai possibili beneficiari che non dalle precise
scelte dei contribuenti». Ricordiamo infatti che, in base alla legge, a ripartizione tra le
istituzioni beneficiarie avviene in proporzione alle scelte espresse, ma la quota che risulta non attribuita e che proporzionalmente spetterebbe
alle Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa apostolica in Italia viene devoluta alla gestione statale.
I magistrati contabili sottolineano «la rilevanza dei
contributi, che ha superato ampiamente il miliardo di euro per anno; la scarsa
pubblicità dell’ammontare delle risorse erogate ai beneficiari; il rilevante
ricorso delle confessioni religiose alle campagne pubblicitarie; il rischio di
discriminazione nei confronti di confessioni non firmatarie di accordi;
l’assenza di controlli indipendenti sulla gestione dei fondi; la carenza di
controlli sugli intermediari delle dichiarazioni dei redditi; lo scarso
interesse dello Stato per la quota di propria competenza, essendo l’unico
competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività e
che non promuove i propri progetti». Tra i rilievi mossi, anche il fatto che «le somme disponibili vengono talvolta
destinate a finalità diverse, anche antitetiche alla volontà dei
contribuenti».
Bacchettata anche l’Agenzia delle Entrate, alla quale la Corte sollecita approfondimenti sulla attività
intrapresa per il monitoraggio sugli intermediari.