Lucrino insabbiato, il lago in lenta agonia
Pozzuoli. Una valanga di sabbia nel canale della foce. Mare e lago non
si scambiano più le acque. Il Lucrino come il Patria, rischia di
morire. Una lenta agonia per il più piccolo dei cinque laghi flegrei,
cominciata con l’ultima ondata di maltempo e le mareggiate che hanno
trascinato alla foce del Lucrino tanta sabbia che ha provocato un tappo
davanti al canale. È allarme tra i residenti della zona, sono
preoccupati i proprietari. L’intervento per liberare la zona dalla
sabbia di troppo dovrà avvenire entro il giro di qualdche settimana, o
sarà troppo tardi. «C’è bisogno di un intervento rapido, o il lago
Lucrino rischia di morire definitivamente», dice l’avvocato Dario
Cincotti, legale della «Elgea srl», la società che tra mille polemiche
dal 2005 è diventata proprietaria dello specchio d’acqua, che venne
acquistato per 845mila euro dai precedenti proprietari. Sì, perché da
circa tre secoli il lago Lucrino è un bene privato, fatti salvi i
numerosi vincoli paesaggistici o ambientali cui è sottoposto. Una
questione, quella della proprietà del lago, su cui è aperto un
contenzioso che oppone la Elgea e lo Stato. Nel 2007 la Corte di
Appello si espresse con una sentenza che attestava la natura privata
dello specchio d’acqua. Tale sentenza è stata, però, sospesa in
Cassazione, perché nel frattempo l’Avvocatura dello Stato ha presentato
un’istanza al Tribunale regionale delle acque pubbliche, nel tentativo
di dirimere la questione. Istanza cui la società si è opposta,
ritenendo il Trap competente solo per i bacini di acqua dolce, mentre
l’acqua del lago Lucrino è marina al 100%. Intanto, oltre che della
battaglia giudiziaria, da anni il lago Lucrino è protagonista di un
lento insabbiamento, dovuto all’ostruzione del canale di collegamento
con il mare, da cui lo dividono poche decine di metri. In occasione
delle mareggiate, infatti, l’acqua di mare entra nel lago portando con
sé la sabbia. Quando, poi, il mare defluisce, la sabbia resta
depositata sul fondo del canale, fino a creare una barriera che separa
il lago (ovvero, la laguna che in realtà è) dal mare. Una circostanza,
questa, che impedisce il corretto riciclo dell’acqua all’interno del
bacino, con ovvie ripercussioni sull’intero ecosistema che ruota
attorno a esso. «La questione – dice l’avvocato Cincotti – non è tanto
se la laguna sia da intendersi di proprietà privata o pubblica. Per noi
è privata, e ci opporremo a qualsiasi sentenza dicesse il contrario. Ma
privata o pubblica, cosa cambia? Qui c’è da capire se le istituzioni
vogliono salvare la laguna oppure no. Tra l’altro, la società sarebbe
disposta anche a liberare il canale a spese proprie, ma nemmeno può
farlo perché questo è di proprietà demaniale, e ogni intervento privo
di autorizzazione configurerebbe un reato. Poi, mi domando perché chi
oggi pone il problema della proprietà del lago e della sua tutela,
negli anni ha consentito che intorno al lago venisse posto in essere
ogni sorta di reato, come la realizzazione di abusi edilizi o scarichi
abusivi?».