«Made in Italy», primo sì alla legge
ROMA – La Camera ha
approvato quasi all’unaminità (543 sì, un no e due astenuti) il disegno
di legge che consente di usare l’etichetta «Made in Italy» solo per i
prodotti tessili, calzaturieri e di pelletteria realizzati
prevalentemente in Italia. Per l’approvazione definitiva il testo passa
ora al Senato.
ETICHETTA – La legge istituisce
un sistema di etichettatura obbligatoria nei settori
dell’abbigliamento, arredo casa, pelletteria e scarpe. Viene
evidenziato il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e si
assicura la tracciabilità dei prodotti. Il testo stabilisce che
«nell’etichetta dei prodotti finiti e intermedi l’impresa produttrice
deve fornire in modo chiaro e sintetico informazioni specifiche sulla
conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di
lavoro, sulla certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti,
sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, sul rispetto
della normativa europea e sul rispetto degli accordi internazionali in
materia ambientale. L’impiego della denominazione ’Made in Italy’ è
permesso esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di
lavorazione hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale
ed in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione sono state
eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi è
verificabile la tracciabilità». Le sanzioni arrivano fino a 50 mila
euro, se si tratta di una impresa fino a 70 mila euro. Se le violazioni
sono ripetute, c’è la reclusione da uno a 3 anni. Se le violazioni sono
commesse attraverso attività organizzate, reclusione da tre a sette
anni.
I COMMENTI – Adolfo Urso, vice ministro dello Sviluppo
economico con delega al commercio che si è astenuto alla votazione ha
chiarito che il testo approvato dalla Camera è «una bandiera,
un’affermazione di principio. Questa legge ci darà più forza in sede
europea per convincere i Paesi partner a varare il nuovo regolamento
sull’etichettatura obbligatoria e, quindi, a tutela del made in Italy».
Secondo Urso, quindi, «la soluzione del problema è solo in Europa e, in
quella sede, porteremo la volontà comune del Parlamento italiano
affinché siano tutelati i consumatori, le imprese e il lavoro italiano
ed europeo». Il primo firmatario del provvedimento, il leghista
Reguzzoni, aggiunge: «L’etichetta non dirá più dove è stata fatta
l’ultima lavorazione, ma dove effettivamente è stato fatto il prodotto.
Noi consumatori avremo maggiori informazioni sulla qualitá e sulla
sicurezza dei prodotti acquistati. Potremo finalmente avere la
possibilitá di selezionare e indirizzare le nostre scelte verso
prodotti di qualitá, che rispettino la salute umana e l’ambiente.
Dunque anzitutto una legge per tutelare i consumatori, ma che aiuta
anche le nostre industrie in un momento di grave crisi. Salveremo un
milione di posti di lavoro. L’etichettatura obbligatoria sui prodotti
tessili, dell’abbigliamento, dell’arredo casa, delle calzature e della
pelletteria non sará più semplicemente un obbligo doganale, ma dirá a
chi acquista dove è stato fatto il prodotto».