LUCCA, 18 marzo – Sarà capitato anche a voi di ricevere dall’Equitalia una cartella di pagamento per violazioni del Codice della strada e di tentare qualche “escamotage” per sottrarvi a questa antipatica “gabella”. Certo, con i tempi che corrono, prima di mettere mano al portafoglio, è sempre consigliabile fare un’opportuna disamina del dettaglio degli importi addebitati.
Può accadere, infatti, che alcune voci siano “di troppo”.
“Di troppo”, ad esempio, sembra essere la maggiorazione indicata nella cartella di pagamento con il codice tributo n. 5243.
Tale maggiorazione, che non sarebbe altro che una sanzione aggiuntiva, è applicata in forza dell’articolo 27, 6° comma della legge 689/1981 il quale, in materia di sanzioni amministrative, prevede che in caso di ritardato pagamento, alla somma dovuta sia applicata una maggiorazione del 10% ogni sei mesi dal giorno in cui la sanzione è divenuta esigibile fino a quello in cui il ruolo viene trasmesso dall’ente impositore (Pubblica Amministrazione) al concessionario della riscossione.
Ne deriva che, essendo il momento di decorrenza della maggiorazione rimesso alla volontà della P.A, quest’ultima potrebbe avere interesse a ritardare la trasmissione del ruolo affinché il cittadino paghi di più.
In altre parole, se l’ Amministrazione anziché trasmettere tempestivamente il ruolo all’esattore attende l’ultima scadenza utile prima della prescrizione dell’illecito, si avrà come risultato un aumento esponenziale della somma dovuta.
Esistono validi motivi per credere che la predetta maggiorazione non debba applicarsi nel caso di violazioni del codice della strada.
E’ vero che l’art. 206 del C.d.S richiama, per la riscossione dei proventi delle sanzioni amministrative, l’art. 27 (legge 689/1981) il quale, però, dovrebbe servire alla riscossione delle sanzioni comminate in ordinanze ingiuntive emesse dal Prefetto per tipologie di violazioni diverse da quelle del codice della strada.
Non a caso l’art 194 C.d.S rimanda alle disposizioni della legge del 1981, facendo tuttavia “salve le modifiche e le deroghe” previste dal Codice della Strada.
E proprio una deroga è quella contenuta nell’art. 203, 3° comma C.d.S. che “nel caso di mancato pagamento in misura ridotta o nel caso in cui non sia stata proposta impugnazione (nei sessanta giorni dalla contestazione o dalla notifica della ‘multa’)” attribuisce al verbale il valore di “titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa e per le spese di procedimento”.
Nessun riferimento, quindi, agli incrementi semestrali del 10%, perché, per il legislatore, l’aumento della metà del massimo edittale rappresenta già una sanzione aggiuntiva per non aver adempiuto nei termini al pagamento della “multa”.
Se così non fosse, ci troveremmo di fronte al paradosso dell’applicazione di “una sanzione su una sanzione”.
Facendo leva su questi argomenti la Corte di Cassazione già nel 2007 (sentenza 16 febbraio 2007 n. 3701) sanciva l’illegittimità delle maggiorazioni e, in conformità a tale indirizzo, alcuni Giudici di Pace hanno accolto ricorsi e annullato cartelle di pagamento nella parte relativa ad esse (tra le altre, G.d.P. Bari sent. N. 4184/2010 e G.d.P. Roma sent. 17/12/2008).
In conclusione, alla luce dell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale, il consiglio delle scriventi è senz’altro quello di tentare la strada del ricorso al Giudice di Pace con l’augurio che, sulla scia dei precedenti sopra citati, sollevi il cittadino da una fastidiosa e apparentemente “lecita ingiustizia”.
Attenzione, però, a non confondere le maggiorazioni con gli “interessi di mora” calcolati a partire dalla data di notifica della cartella e per ogni giorno di ritardo nel pagamento di quest’ultima; essi, infatti, sono dovuti.