Malasanità: 90 morti al giorno
Sono da 30mila a 35mila in un anno, circa 90 al giorno, le vittime della malasanità in Italia. E’ quanto emerso da un convegno di medici riuniti all’Istituto dei Tumori di Milano. Gli errori in corsia farebbero più vittime degli incidenti stradali, dell’infarto e di molti tumori. A guidare la classifica dei reparti più a rischio c’è la sala operatoria, seguita dai dipartimenti degenza e urgenza e dall’ambulatorio.
I costi annuali degli errori medici sono stati stimati in 10 miliardi di euro (pari all’1% del Pil). I dati sono stati presentati al convegno promosso dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). In Italia le cifre degli errori commessi dai medici o provocati dalla cattiva organizzazione dei servizi sono da bollettino di guerra. La specialità più sotto accusa – secondo il Tribunale per i diritti del malato – è l’ortopedia, seguita da oncologia, ostetricia-ginecologia e chirurgia generale. Per gli esperti riuniti a Milano “altri errori sono dovuti al sistema che, a causa delle lunghe liste d’attesa (per visite ed esami diagnostici) è causa diretta delle diagnosi tardive, che arrivano quando ormai il danno è irrecuperabile”. Eppure, secondo i medici, “il 50% degli ‘sbagli in corsia’ potrebbe essere evitato, migliorando l’organizzazione delle strutture sanitarie e offrendo ai ‘camici bianchi’ strumenti anti-svista ad hoc”. Ma quali sono le principali cause di errore? Tra i fattori imputati la somministrazione di farmaci sbagliati, che, secondo un’indagine dell’Asl Roma C, si colloca al primo posto per le sviste in oncologia (40% insieme alla non applicazione dei protocolli previsti). L’ordine di somministrazione di un farmaco può essere equivocato, soprattutto se non vi è il controllo anche al letto del paziente.“La cosiddetta ‘malpractice’ esiste – ha ammesso Emilio Bajetta, presidente dell’Aiom – ma spesso l’errore non è dell’operatore sanitario, bensì della struttura in cui lavora: stanchezza legata a troppi turni massacranti, procedure non controllate, cartelle cliniche o farmaci preparati in ambienti bui, sporchi o rumorosi e diagnosi tardive per screening inefficaci”. Il mancato impiego routinario del pap test, ad esempio, è la ragione per cui ancora oggi 1.500 italiane l’anno muoiono di cancro al collo dell’utero.