Mancati versamenti da parte della società: l’amministratore è responsabile in solido?
L’art. 2392
del cod. civ. che prescrive espressamente che gli amministratori sono
responsabili solidalmente per le conseguenze del loro comportamento
illecito si riferisce esclusivamente ai casi in cui il legale
rappresentante sia considerato direttamente trasgressore della legge
finanziaria – prevedendo in tale ipotesi che la responsabilità si
estenda all’ ente in via solidale – e non già all’ ipotesi inversa ,
con la conseguenza che non è consentito estendere alla persona fisica
una responsabilità ricadente direttamente sull’ ente.
E’ quanto ribadito dalla sezione Tributaria della Corte di
Cassazione nella sentenza 3828 del 18 febbraio scorso che ha accolto il
ricorso e cassato la sentenza di merito che invece aveva riconosciuto
l’amministratore della società responsabile in solido con la stessa per
i mancati versamenti.
I quesiti posti dal ricorrente:
1) “se
l’art. 12 legge 7 gennaio 1929 n. 4 si riferisce esclusivamente ai casi
in cui il legale rappresentante sia considerato direttamente
trasgressore della legge finanziaria, prevedendo, in tali ipotesi, che
la responsabilità si estenda in via solidale all’ Ente, e non già alla
ipotesi inversa, con la conseguenza che non è consentito estendere alla
persona fisica una responsabilità ricadente direttamente
sull’ Ente, soggetto passivo del rapporto tributario, sia pure in forza di atti o comportamenti del suo organo”.
2)
“dica la Corte se ai sensi dell’ art.2392 c.c. l’amministratore di una
società di capitali è solidalmente responsabile con la società, in
relazione agli atti da questi posti in essere, ma direttamente
riferibili alla società quale soggetto passivo del rapporto tributario,
nei confronti dell’ Amministrazione Finanziaria” .
Sul primo quesito
la Corte di Cassazione ha richiamato la “precedente giurisprudenza
consolidata” secondo la quale l’art. 12 della legge 7 gennaio 1929, n.
4, in tema di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, con
riguardo alle infrazioni che comportano soprattassa o pena pecuniaria,
commesse da persone fisiche che abbiano la rappresentanza di enti
privati forniti di personalità giuridica, prevede la responsabilità
solidale dell’ente, in aggiunta a quella dell’autore dell’illecito,
mentre non contempla l’ipotesi inversa, con la conseguenza che, alla
stregua della predetta disposizione, in caso di infrazioni direttamente
imputabili all’ente quale soggetto passivo del rapporto tributario, sia
pure in forza di atti o comportamenti del suo organo, resta esclusa la
possibilità di affermare la responsabilità del rappresentante, in
solido con quella del rappresentato”. Inoltre, continua la Corte sempre
riferendosi a precedente giurisprudenza (Cass. Sez Trib. Sento n.
6258-2001) “(a) il principio della identificazione del trasgressore,
soggetto passivo della sanzione, con l’autore materiale della
violazione risulta … accolto …dal legislatore con il d.lgs. n.
472-97, abrogativo, tra l’altro, della descritta normativa, che, all’
art 2, comma 2, considera la persona fisica che ha posto in essere il
comportamento trasgressivo come unico centro d’imputazione della
sanzione, e, all’ art. n, ha poi esteso la responsabilità dell’autore
della violazione, in via solidale, al contribuente, che ben può essere
un ente, con o senza personalità giuridica, (b) che l’amministratore di
una società di capitali non può essere chiamato, in base alla normativa
precedente a quella contenuta nel d.lgs.n. 472-97, puramente e
semplicemente a rispondere del pagamento delle sanzioni comminate a
carico della società che gestisce e (c) che una responsabilità nei suoi
confronti può configurarsi solo se siano a lui direttamente ascrivibili
omissioni colpose od attività tali che ne facciano l’autore della
trasgressione in relazione alla quale è stata fatta applicazione della
penalità (Cfr. Cass. sent. n. 3342-86)” .
In ordine al secondo
quesito la Suprema Corte ha affermato che “la responsabilità personale
del legale rappresentante di una società di capitali” deve
“configurarsi come ipotesi eccezionale rispetto a quella normale della
imputabilità della responsabilità alla persona giuridica”: discende da
tanto l’assoluta insufficienza, in ordine a tanto, della mera deduzione
(erroneamente, quindi, ritenuta fondante l’affermazione della
responsabilità dello stesso nella decisione impugnata) che
“l’amministratore (…) non aveva provveduto a versare le imposte
dovute” non costituendo tal fatto prova della certa e sicura
ascrivibilità dell’omissione dei versamenti a fatto, proprio ed
esclusivo, di esso amministratore, quindi di un suo “comportamento
illecito”. L’assoluta carenza di qualsiasi allegazione (nonché prova)
in ordine all’ esistenza di un “comportamento” del (…) definibile
come “illecito” toglie fondamento fattuale anche al richiamo operato
dal giudice di appello alla disposizione dettata dall’ art.2392 cod.
civ., la cui applicabilità alla fattispecie, peraltro, deve essere
esclusa perché:
(1) tale norma regola unicamente la responsabilità
degli amministratori “verso la società” e non anche quella degli stessi
amministratori verso i “creditori sociali” oppure verso “i singoli soci
o terzi”, regolamentate, rispettivamente, dai successivi artt.2394 e
2395,
(2) la solidarietà prevista dall’ art. 2392 ha una valenza
esclusivamente interna, tra i soli amministratori (ove più di uno) e
non fonda affatto una generalizzata solidarietà dell’ amministratore o
degli amministratori per le obbligazioni della società.”.