BOLOGNA, 22 MARZO 2011 – LA TENEREZZA. Occhi grandi, ciglia lunghissime, un cespuglio di capelli neri, magrolino. Marco ti viene incontro e ti punta un dito, ti tocca il volto così, stabilisce un contatto. E’ il suo modo per dire: voglio essere felice. Marco Bracci ha 20 anni «ma è come se ne avesse due e mezzo», spiega la mamma Antonella. Encefalopatia epilettica, la diagnosi. Aveva un anno e mezzo quando i medici l’hanno capito. Non parla, cammina se lo prendi per mano. L’amore della sua famiglia gli ha fatto fare tanti altri passi. Il babbo Bernardo gli dice: alza le braccia, ti devo spruzzare il deodorante. Lui capisce. Capisce i gesti della vita quotidiana, in queste stanze aperte senza ostacoli, nell’appartamento che la famiglia ha pensato per lui. Per farlo sentire libero. Quando non va in piscina, non va a cavallo, non va al centro diurno, non impasta la creta. E devi sempre stare attento, «vede qui davanti, si è spezzato i denti — s’intenerisce la mamma —. Cade, le crisi epilettiche gli vengono all’improvviso. Bisogna essere sensibili ai movimenti del volto, per capire che sta arrivando la tempesta. Se andiamo in vacanza passano anche giorni e giorni senza che succeda niente. In vacanza è un altro».
ECCO. Marco ha vent’anni, è disabile grave ma pazienza, per il Comune ora che è maggiorenne la sua famiglia deve pagare. Millequattrocentosessantanove euro e 62 centesimi per un anno. E’ arrivata la cartella a casa. Spedisce Equitalia. Se non paghi ti sequestrano l’auto. Simpatico, per una famiglia con un disabile grave. Permanente. Si reclamano crediti. Bisogna partecipare alle spese che sostiene l’amministrazione. «Spese alberghiere, vitto e trasporto». In sostanza: si reclama un contributo per la frequentazione dei centri diurni. I genitori si sono rivolti al giudice di pace. Come loro decine di famiglie. Bernardo Bracci è indignato: «Andremo fino in fondo. Per principio. Ma ci rendiamo conto? Si rischia il pignoramento della macchina, la stessa che ci serve per accompagnare nostro figlio! E per riscattarla ci vogliono 1800 euro».
ANTONELLA ha fatto i conti: «Da quando è maggiorenne Marco prende anche la pensione di invalidità, sono 250 euro che si sommano all’indennità d’accompagnamento. In tutto, 750 euro. E’ come se il Comune ci chiedesse indietro la pensione». Bernardo aggiunge un interrogativo: «Perché succede a Bologna ma non a San Lazzaro?». La moglie si risponde: «Perché Bologna non applica correttamente la legge nazionale. La legge è chiara. La partecipazione alle spese va richiesta al beneficiario. Come si può? Mio figlio, Marco, non può produrre reddito. E’ disabile. C’è di mezzo la sua dignità».
MARCO è seduto sul divano con il fratello Tommy, Tommaso che è più piccolo. Certo che è dura, durissima. Eppure colpisce la naturalezza e l’armonia di questa famiglia. Insieme alla consapevolezza dolorosa. C’è un pensiero angosciante. E dopo? «Ci pensiamo tutti i giorni — si confida Antonella —. Quando noi non ci saremo più, lui con chi starà? Ha bisogno di attenzioni costanti. Abbiamo anche pensato a un lascito, qualcuno che abbia il vincolo di prendersi cura di lui. Abbiamo 54 e 53 anni. Ma ci pensiamo eccome, al dopo. Dall’oggi al domani ti rendi conto che diventi inabile anche tu. Noi non possiamo stare male. Lo dobbiamo a Tommy, che deve avere la sua vita».
MARCO «è una roccia — sorride la mamma —. Positivo, ottimista, allegro. Sopporta il dolore in modo incredibile. Una volta da bambino si è fratturato l’omero. Un pianto di pochi minuti e via. Con lui entri in comunicazione perfetta, basta guardarlo negli occhi. Marco è come se avesse due anni, viene in braccio e cammina dandoti la mano. Però lo vedo crescere. Mi sembra che stia diventando grande. Cerca suo padre. E’ il suo modo di essere adulto».