Marito infedele? Sì al risarcimento e alla separazione con addebito
Nel caso di separazione tra coniugi possono sicuramente coesistere la pronuncia di addebito e il risarcimento del danno, considerati i presupposti, i caratteri, le finalità, radicalmente differenti. E’ questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1° giugno 2012, n. 8862.
Secondo gli Ermellini – sposando una nuova impostazione derivante dall’evoluzione giurisprudenziale in materia – in tale contesto rileva proprio la qualità di coniuge e la violazione di obblighi nascenti dal matrimonio che, da un lato è causa di intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, con gravi conseguenze, com’è noto, anche di natura patrimoniale, dall’altro, si configura come comportamento (doloso o colposo) che, incidendo su beni essenziali della vita, produce un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile.
Al contrario, in passato, si riteneva che l’addebito, strumento peraltro più sanzionatorio che risarcitorio, non soffrisse la cumulabilità di ulteriori risarcimenti, salvo che vi fossero specifici danni patrimoniali, per i quali il coniuge avrebbe potuto ovviamente essere ritenuto responsabile come nel caso in cui con il suo comportamento avesse arrecato perdite al patrimonio dell’altro coniuge; ovvero – ipotesi del tutto differente – il coniuge arrecasse danno all’altro, prescindendo dalla sua qualità in quanto mero soggetto danneggiante, come qualsiasi estraneo. Tale impostazione, peraltro, è stata accolta dal Giudice di merito e “bocciata” dalla Cassazione.
Nel caso di specie il Tribunale aveva pronunciato la separazione giudiziale tra i coniugi con addebito al marito per violazione dell’obbligo di fedeltà, assegnando la casa coniugale alla moglie, disponendo l’affidamento congiunto delle figlie minori con assegni a carico del marito a favore delle stesse, escludendo l’assegno di mantenimento nonché il risarcimento dei danni non patrimoniali per la moglie.
Contro tale sentenza la moglie presentava appello, lamentando la mancata condanna del marito alla corresponsione dell’assegno di mantenimento e risarcimento danni a suo favore. Tuttavia, in sede di appello, il Giudice di merito, come già evidenziato, respingeva l’istanza della moglie richiamando l’orientamento giurisprudenziale oggi respinto dalla Cassazione. Infatti, secondo i giudici di Piazza Cavour l’evoluzione giurisprudenziale ha consentito l’entrata anche nei rapporti tra coniugi nonché verso la prole della logica e dei metodi della responsabilità civile, seguendo una linea che si inserisce nel più generale ampliamento dell’area della responsabilità aquiliana. In buona sostanza, come già sostenuto dalla stessa Corte suprema in diverse pronunce, non solo la commissione dei reati, ma anche la violazione di diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, incidendo su beni essenziali della vita, dà luogo a risarcimento di danni non patrimoniali.
Da qui l’accoglimento del ricorso della donna con la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione.