Matrimoni gay, respinti i ricorsi
ROMA
La Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sui matrimoni
gay presentati dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di
Trento per chiedere l’illegittimità di una serie di articoli del codice
civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. I
giudici della Consulta nelle motivazioni della decisione presa stamane
in camera di consiglio dovrebbero puntualizzare che compete alla
discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei matrimoni gay.
A portare la questione all’ attenzione della Corte Costituzionale erano
stati il tribunale di Venezia e la Corte di Appello di Trento chiamati
a dirimere le vicende di tre coppie gay alle quali l’ ufficiale
giudiziario aveva impedito di procedere alle pubblicazioni di
matrimonio.
Nei ricorsi alla Consulta si ipotizzava il
contrasto tra gli articoli del codice civile sul matrimonio con diversi
principi sanciti dalla Costituzione. In particolare l’ingiustificata
compromissione degli articoli 2 (diritti inviolabili dell’ uomo), 3
(uguaglianza dei cittadini), 29 (diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio) e 117 primo comma (ordinamento
comunitario e obblighi internazionali) della Costituzione. I
ricorrenti, in sostanza, affermavano la non esistenza nell’ordinamento
di un espresso divieto al matrimonio tra persone dello stesso sesso e
lamentavano l’ingiustificata compromissione di un diritto fondamentale
(quello di contrarre matrimonio) oltre che la lesione di una serie di
diritti sanciti a livello comunitario. Per non parlare poi – veniva
fatto notare – della disparità di trattamento tra omosessuali e
transessuali, visto che a questi ultimi, dopo il cambiamento di sesso,
è consentito il matrimonio tra persone del loro sesso originario.
Nel
corso dell’udienza pubblica a palazzo della Consulta, lo scorso 23
marzo, i legali delle coppie gay avevano sollecitato la Corte a dare
una «risposta coraggiosa» che, anticipando l’intervento del
legislatore, consentisse il via libera ai matrimoni omosessuali. Dal
canto suo, invece, l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, per conto
della presidenza del consiglio, aveva ribadito che il matrimonio si
basa sulla differenza tra sessi e aveva rivendicato il primato del
legislatore a decidere su una materia tanto delicata. La Corte, nel
dichiarare inammissibili e infondati i ricorsi, fa già intendere ciò
che metterà nero su bianco tra qualche settimana e cioè che non è sua
competenza stabilire le modalità più opportune per regolamentare le
relazioni tra persone dello stesso sesso. Resta da vedere – ma questo
si comprenderà solo dalla lettura delle motivazioni della sentenza che
sarà scritta dal giudice Alessandro Criscuolo – se la Corte coglierà
l’occasione o meno per sollecitare il legislatore a provvedere.
«Rimaniamo
tranquilli perchè la battaglia per l’affermazione dei diritti non
sarebbe comunque finita oggi ed oggi non finisce. C’è aspettativa
rispetto alle motivazioni della sentenza, che conterranno anche le
riflessioni della Corte». Così Paolo Patanè, presidente nazionale di
Arcigay, commenta la sentenza della Corte Costituzionale. «Non facciamo
salti di gioia – prosegue – ma sappiamo che siamo dalla parte della
ragione e del diritto e, prima o poi, questo diritto lo conseguiremo».