Maturità, Gelmini abbassa il bonus di accesso all’Università da 25 punti a 10
Dall’anno prossimo (2010-2011) il diploma
di maturità non sarà più solo un pezzo di carta. O quasi. Gli studenti
migliori in uscita dalle scuole superiori potranno infatti portarsi
dietro una dote di punti da far pesare nei test di accesso alle facoltà
a numero chiuso. Ma se i ministri del governo Prodi (Fioroni e Mussi)
avevano quantificato questo bonus in 25 punti, la Gelmini si è vista
sostanzialmente costretta ad abbassare il ”premio”, portandolo a 10.
Già lo scorso anno il ministro aveva fatto slittare il provvedimento
per motivi tecnici. Questa volta ha deciso un nuovo rinvio e alcuni
cambiamenti, tra cui l’abbassamento del bonus.
Una richiesta avanzata dalle stesse università che hanno fatto
pressione perché, in buona sostanza, non si fidano troppo delle scuole.
In assenza di un sistema di valutazione, infatti, oggi è impossibile
dire se un 80 o un 100 presi alla maturità in un istituto x pesano
quanto quelli presi in un istituto y. Non solo. Il panorama è troppo
variegato: gli indirizzi di studio sono oltre 700, ci sono scuole
parificate dove c’è chi fa due anni in uno e poi tenta gli esami.
Proprio sui voti in uscita dalla maturità il panorama cambia da Nord a
Sud. Al Nord i 100, lo scorso anno, sono stati presi dal 5,5% degli
alunni contro il 7,6% del Sud, dove si sono concentrate anche più lodi
(l’1,2% contro una media nazionale dello 0,9%). In assenza di parametri
certi per classificare scuole e risultati, meglio, dunque, non
rischiare. Anche perché spiega Luigi Frati, rettore della Sapienza di
Roma, «25 punti sono in grado di modificare in modo sostanziale la
graduatoria di accesso alle facoltà. A Medicina tra l’ultimo ammesso e
buona parte degli esclusi in media ci sono meno di 25 punti. Ha fatto
bene la Gelmini ad abbassare il bonus. La conferenza dei presidi delle
facoltà mediche aveva avanzato questa richiesta che è stata accettata e
su cui c’è stata anche la convergenza della Conferenza dei rettori».
Unica apertura possibile, per ora, secondo Frati, «far pesare in
qualche modo i voti di materie come filosofia o italiano che possono
dire qualcosa sulla capacità di ragionamento del ragazzo». Ma i 25
punti sono troppi, anche secondo la responsabile Scuola del Pdl,
Valentina Aprea: serve una «valutazione esterna degli istituti», ma tra
le vie da perseguire c’è anche «l’abolizione del valore legale del
titolo di studio che va sostituito con una forte certificazione delle
competenze raggiunte correlate a standard nazionali». Un punto su cui
la Gelmini potrebbe essere d’accordo, visto che anche all’università si
sta studiando di abolire il valore legale della laurea. La pensa
diversamente Mariangela Bastico, Pd, ex vice di Fioroni: «I 25 punti
che volevamo dare ai ragazzi erano un premio vero, non acqua fresca. La
Gelmini ha ceduto alle pressioni delle università e ora siamo al punto
di partenza». Per ora, infatti, gli unici incentivi al merito degli
alunni restano il 5 in condotta per isolare i violenti, la lode per
premiare chi ha ottimi voti al liceo che, però, all’università è carta
straccia.
Agli studenti dopo le superiori resta in mano un pugno di mosche tra
borse di studio che scarseggiano e votazioni che negli atenei valgono
poco o niente. Colpa anche delle scuole che non si fanno valutare. «E’
tutto vero – commenta Mario Rusconi, vice presidente nazionale
dell’Associazione dei presidi – La valutazione è l’unica cura possibile
per premiare chi merita: docenti, studenti, dirigenti. In Inghilterra
le scuole sono testate ogni 6 anni e con i risultati si fa anche una
sorta di graduatoria. Da noi si litiga da anni – chiude il preside che
sulla valutazione di sistema sta anche preparando un libro – e gli
alunni sono penalizzati».