«Meno tasse per chi investe e Fas unico a Sud»
Confessa, con un pizzico di irritazione, che non ne può di vedere le
prime pagine dei giornali pieni di gossip e scandali sessuali. I
problemi del Paese, spiega Raffaele Bonanni, leader della Cisl, sono
altri. A cominciare dal Sud. O dal taglio delle tasse per lavoratori e
pensionati, che da soli «pagano l’80% della bolletta Italia». Facile a
dirsi, più difficile a farsi. Dove trovare le risorse? «Nel bilancio
pubblico, che è fermo sostanzialmente da 50 anni, sempre le stesse voci
e gli stessi sprechi. Per questo non ci sto al giochetto cinico di chi
se la prende contro i dipendenti pubblici lanciando campagne
ingiustificate. Basta con queste pagliacciate. Una classe dirigente
seria deve dire dove fare i tagli veri». Dove? «Basta pensare alla
sanità: sarebbe sufficiente confrontare i prezzi delle attrezzature e
dei servizi fra un ospedale e l’altro. Ci sono differenze
ingiustificate. O, ancora, eliminare gli enti e le istituzioni
inutili». Ma è sicuro che il taglio della spesa inutile sia in grado di
coprire una riduzione significativa delle imposte? «Penso a un percorso
graduale, da avviare già nella Finanziaria. Inoltre, per ridurre le
aliquote per lavoratori e pensionati si potrebbe spostare una parte del
carico fiscale verso i consumi. In questa maniera si creerebbero le
premesse per una maggiore equità fiscale. Sui redditi dei lavoratori e
del pensionati, infatti, c’è la ritenuta alla fonte, qui si pagano le
tasse al millesimo. Cosa che non avviene nelle altre categorie». Non si
corre il rischio di deprimere ancora di più i consumi? «No, i consumi
sono depressi proprio perché le famiglie si sono impoverite. Mentre i
ceti più ricchi non hanno spostato di un centimetro le loro abitudini».
Però, in questo momento, soffrono anche le imprese… «La crisi si sta
prolungando e nessuno può prevedere quali saranno gli ultimi colpi.
Finora siamo riusciti ad attutirne gli effetti sull’occupazione. Ma
bisogna aiutare anche le imprese. Non si può difendere il lavoro a
prescindere. Su un punto voglio però essere chiaro: occorre una manovra
unica, inscindibile, che riduca le imposte sulle aziende ma anche sui
lavoratori e i pensionati». Ma quando dovrebbe partire questo taglio
delle imposte? «Il momento è questo. Anche se il dibattito pubblico
sembra essere concentrato su altri temi, con le prime pagine dei
giornali tutte a sfondo sessuale, un segno inequivocabile del degrado
del confronto politico. Ma forse non ci si può attendere di più da un
sistema fondato sulla cooptazione, con scarsi legami con la gente,
incapace di intraprendere sfide ambiziose». E allora? «Tocca alle parti
sociali, che hanno dimostrato sul campo di saper cooperare, di lanciare
la sfida. Mettendo a punto un avviso comune di tutte le realtà che
rappresentano coloro che pagano le tasse. È un modo per dare un
sostegno a chi deve poi decidere». E per il Sud? Il ministro Tremonti
ha proposto un Fas unico con il credito di imposta. È d’accordo? «Sì,
perché abbiamo bisogno di incentivi semplici, automatici, in grado di
rispondere alle esigenze delle imprese. Ma occorre far seguire alle
parole i fatti. Da giugno chiediamo di fare un patto per il Sud, aperto
a tutti i soggetti, per concentrare le risorse su tre-quattro progetti
prioritari. Sediamoci finalmente attorno a un tavolo, rendendo più
concreta una discussione che si sta prolungando oltre misura. Ma al
centro del confronto deve esserci anche la fiscalità di vantaggio». Un
argomento sul quale Bruxelles ha già detto di no. «Questo non è affatto
vero. Il problema è che nessun governo, né di centrodestra né di
centrosinistra, ha mai voluto dire al Nord che se il Sud non va avanti
perdono tutti. Non bisogna più prendere in giro i meridionali. La
fiscalità di vantaggio si può avere, a patto di andare a contrattare a
Bruxelles in maniera seria come hanno già fatto irlandesi, francesi e
spagnoli. E oggi è ancora più urgente dal momento che fra tre anni il
Meridione perderà anche gli aiuti dei fondi strutturali».