Milano: adottano suo figlio per errore, non può riaverlo
Forse il timore di non riuscire a crescerlo, forse la paura di
affrontare una situazione più grande di lei. Così dopo il parto, una donna milanese decide di non riconoscere suo figlio. Il tribunale avvia le procedure per l’adozione, ma dopo un mese lei ci ripensa. La giustizia si inceppa, ai ritardi si aggiungono gli errori dei giudici e, quando la madre riesce a dimostrare che è un suo diritto riavere il bimbo, lui vive già in un’altra famiglia.
A raccontare la storia è Il Giornale. Tutto
ha avuto inizio il 28 luglio 2008, il giorno della nascita del bambino,
il momento che segna la vita di una mamma. Lei, una libera
professionista 30enne, non se l’è sentita di continuare e ha scelto di
lasciare il piccolo in ospedale dopo il parto. Dopo quattro settimane,
però, ci ripensa. La legge prevede questa possibilità: la Corte di
Strasburgo stabilisce in un minimo di sei settimane, il periodo durante
il quale la madre naturale può tornare sui suoi passi.
Qui
iniziano gli errori. L’ufficiale dello stato civile si rifiuta di
ricevere la richiesta di procedere al riconoscimento del bimbo. La
donna si rivolge al tribunale di Milano che le dà ragione, ma una
relazione degli assistenti sociali, che descrive la donna come “confusa
sul suo ruolo ed attenta più alla propria attività professionale che
alla dedizione nei confronti del figlio”, complica le cose. I giudici
della corte d’Appello confermano che la donna non è idonea a fare la
madre.
Solo l’intervento della Cassazione ribalta la
sentenza. Il bambino, però, vive già da due anni in un’altra famiglia
e, secondo quanto si legge nelle relazioni dei servizi sociali, si
trova molto bene. Ora toccherà a un giudice stabilire “se l’eventuale
rientro nella famiglia di origine possa causare pregiudizi al minore,
tenuto conto delle sue specifiche esigenze attuali e del periodo
trascorso presso la famiglia cui è stato affidato”.