Minaccia pubblico ufficiale ma è assolto perchè deve salvare un paziente
«Mi faccia la contravvenzione e io le farò vedere l’inferno»: questa frase detta da un automobilista ad un vigile urbano può costare una condanna per minaccia a un pubblico ufficiale. Invece, pronunciata da un cardiologo che si trova in uno stato di tensione eccezionale, perché stava svolgendo una visita su un paziente in pericolo di vita, non fa scattare la condanna per violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. Il motivo? L’adempimento di un urgente e delicato dovere professionale.
Lo afferma la Cassazione (sentenza 1997/10) che ha assolto un cardiologo il quale aveva detto la frase incriminata ad un vigile che gli aveva intimato di rimuovere l’auto in divieto di sosta, mentre era intento a svolgere una visita su un paziente in condizioni critiche. In sede di merito, il camice bianco era stato condannato perché aveva dimostrato uno «scarso livello di sensibilità verso la difficile opera di controllo del traffico e delle esigenze della collettività». Ma la Suprema corte ha ribaltato il verdetto ritenendo che «lo stato di tensione eccezionale» a cui il medico era sottoposto giustificava la violenza della risposta. L’atteggiamento del cardiologo, hanno concluso i magistrati di legittimità, è stato quello di ritenere prioritario il compito che sta svolgendo su altre esigenze. Insomma, quella frase era solo «un’esasperata protesta verso quella che gli appariva come un’inopportuna interferenza nell’urgente compimento del suo dovere e non era, quindi, soggettivamente caratterizzata da una reale volontà di coartazione».