Modifica decreto su pensionamento statali. A favore dei contribuenti: notifica cartella di pagamento entro 9 mesi non più 11
Ci hanno ripensato un’altra volta. Dal
decreto del governo è sparita quella norma che avrebbe aumentato il
numero di dipendenti pubblici da mandare in pensione forzata: era
scritta nel testo approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso,
ma nel testo pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale non c’è più. Quindi
il pensionamento del personale con 40 anni di contributi figurativi non
si farà più, anche se non è detta l’ultima parola: ora il provvedimento
comincia il suo iter parlamentare, e durante i lavori di Camera e
Senato potrebbe sempre rispuntare in un emendamento.
L’esodo. Già dall’inizio di quest’anno nello Stato, negli enti
locali e nella sanità si sta attuando, senza troppo clamore, una sorta
di grande piano di prepensionamenti. Le amministrazioni possono mandare
a casa tutti i dipendenti che hanno raggiunto i 40 anni di contributi.
Così ha previsto un articolo del decreto finanziario del 2008. Finora
alla norma si è data un’interpretazione ristretta: per calcolare la
soglia di 40 anni contano solo gli anni di lavoro reale, mentre non
valgono quelli della laurea e del servizio militare (i cosiddetti
“contributi figurativi”). Ma più volte il governo ha cercato di
affermare l’interpretazione più estensiva.
L’età contributiva. Se si includessero nel conto anche i
contributi figurativi, il numero di dipendenti pubblici che hanno
maturato 40 anni di contributi crescerebbe notevolmente. Secondo quanto
riferisce l’Inpdap, nel solo 2009 si arriverebbe a quasi 140 mila
pensionamenti, cioè il doppio dell’anno scorso. Rientrerebbero nel
limite, ad esempio, tantissimi medici che hanno riscattato gli anni
dell’università e della specializzazione. Non a caso qualcuno sospetta
che siano proprio le regioni a spingere perché prevalga questa
interpretazione più larga. Sta di fatto che la versione estensiva della
norma era stata scritta dal governo già lo scorso anno, ed è stata poi
riproposta in altre occasioni. L’ultima la settimana scorsa,
all’interno del decreto con le misure anticrisi. Le proteste di questi
giorni hanno evidentemente convinto i ministri a ripensarci.
I premi di produttività. Un’altra questione che da mesi rimane
aperta è il taglio degli stipendi per centinaia di migliaia di statali.
La manovra finanziaria dello scorso anno ha tolto molti soldi dalle
buste paga dei ministeri, degli enti previdenziali e anche di altri
comparti pubblici. Il ministro Brunetta si è impegnato (anche con
accordi scritti) a restititure una prima metà di quelle risorse entro
il 30 giugno, e il resto a fine anno. Siamo a luglio e i soldi ancora
non ci sono. I sindacati protestano, e non solo la Cgil ma anche la
Cisl, la Uil, la Confsal. Ieri Brunetta e Tremonti hanno firmato un
decreto ministeriale «che stabilisce le modalità per la restituzione
delle risorse». Non è propriamente lo stanziamento dei soldi (servono
500 milioni), ma potrebbe bastare almeno a Cisl e Confsal per
sospendere le rivendicazioni. Oggi intanto scioperano gli autonomi di
Rdb-Cub, Cobas: contestano in toto l’operato di Brunetta e del governo
nella pubblica amministrazione.
Le cartelle delle tasse. Tornando al decreto anticrisi,
pensionamento degli statali a parte, il provvedimento contiene un
articolo che interessa tutti i contribuenti: d’ora in poi gli agenti
della riscossione avranno meno tempo per notificare una cartella di
pagamento.Non più 11 mesi, bensì 9.