Muore il paziente, medico condannato: se manca il dolo, il giudice civile non può escludere la copertura assicurativa
La sentenza penale, definitiva, parla chiaro: il
medico è condannato per il decesso del paziente. Ma ciò non basta a
escludere la copertura dell’assicurazione: sta al giudice civile
valutare, ai fini dell’articolo 1917 Cc, se la condotta del sanitario
rispetto all’evento si possa qualificare come colposa. Non si può
negare il danno da lesione parentale agli eredi del defunto soltanto
perché la domanda chiede genericamente «tutti i danni»: anzi, la
liquidazione va effettuata in via equitativa in base alle tabelle dei
Tribunali, a partire da quello di Milano. Lo precisa la sentenza
26505/09, emessa dalla terza sezione civile della Cassazione.
Il caso
Sbaglia il medico condannato: non
basta la provvisionale disposta in sede penale per le parti civili a
chiudere la partita risarcitoria. Ma sbaglia anche la Corte d’appello a
escludere la copertura dell’assicurazione professionale: il dolo era
stato imputato al “camice bianco” solo per l’omissione di atti
d’ufficio; si versa nell’ipotesi ex articolo 83 del codice penale
(“Evento diverso da quello dovuto dell’agente”) e il medico non poteva
rispondere a titolo di responsabilità oggettiva dell’evento non voluto,
vale a dire della morte del paziente. I familiari conviventi del
defunto chiedono il risarcimento da illecito senza esemplificare le
singole voci di danno liquidabili: eppure la loro generica domanda
soddisfa i requisiti indicati dalla legge. Il danno da lesione
parentale da liquidare secondo equità, alla stregua delle tabelle
elaborate dai tribunali, va determinato valutando con prudenza la
gravità dell’illecito e l’intensità delle conseguenze. Sarà ora il
giudice del rinvio ad apprezzare la rilevanza o meno del lasso di tempo
intercorso fra l’evento lesivo e la morte del paziente per stabilire se
la vittima avesse acquisito un diritto al risarcimento del danno morale
da trasmettere ai congiunti.