Mutui: l’Italia paga i pasticci degli altri
Dopo aver fallito il tentativo di riformare la tutela del risparmio con
la direttiva Mifid (che ha contribuito soprattutto ad aumentare la
burocrazia inutile nei rapporti tra clienti e intermediari), la
Commissione europea entra a gamba tesa in un settore della finanza –
quello dei mutui casa – che si è contraddistinto per essere uno dei
pochissimi dove l’autoregolazione di mercato funziona in modo
soddisfacente. Anche perché le banche continentali (e quelle italiane
in particolare) hanno sempre utilizzato criteri molto prudenziali
nell’erogazione dei finanziamenti alle famiglie, con il risultato di
contenere le sofferenze a livelli assai più bassi delle loro
concorrenti anglosassoni. Da noi non si sono mai viste gare tra
istituti di credito per finanziare l’acquisto delle case per importi
superiori ai valori degli immobili. Erogandoli per di più a famiglie
dai redditi traballanti. I mutui subprime li facevano in California o a
Londra, non a Milano o a Roma.
I mutui sono poi l’area della finanza personale nella quale i
consumatori dedicano più tempo e attenzione all’informativa
precontrattuale. Il finanziamento della casa è una di quelle decisioni
che capitano una volta nella vita, e quindi c’è una ovvia propensione
delle famiglie a non sottovalutarla. Anche questa tendenza
comportamentale contribuisce a una autoregolazione efficace nel
rapporto tra domanda e offerta.
Nell’investimento dei risparmi
personali, invece, la superficialità e la delega passiva sono la norma,
con colossali e ingiustificati trasferimenti di valore dagli
investitori agli intermediari finanziari. Eppure, sulla tutela del
risparmio non si è avvertita da parte della Commissione la benché
minima tentazione dirigistica. Quando invece qualche divieto esplicito
in capo alle banche di vendere prodotti di investimento inutilmente
costosi e incomprensibili potrebbe essere la vera soluzione per
proteggere i soldi dei cittadini. Nella regolamentazione del risparmio,
la Commissione (fedelmente seguita da Governi distratti e authority
vagamente liberiste) si fonda su un’idea di consumatore felice di
leggersi tonnellate di prospetti informativi che è lontana anni luce
dalla realtà. Sui mutui, al contrario, abbiamo di fronte a noi un
utente mediamente consapevole. Ma proprio a lui si vuole di fatto
impedire l’accesso alla proprietà immobiliare, in nome di chissà quale
paternalismo.
Certo, sui mutui casa è coinvolto il tema della
patrimonializzazione delle banche, diventato cruciale per via della
grande crisi. Ma perché non limitare i nuovi requisiti di capitale ai
grandi rischi? Le banche perdono più soldi finanziando gli Zunino di
questo mondo, o quando diversificano l’esposizione tra una miriade di
famiglie della classe media?
A ciò si aggiunga che queste misure arrivano in un momento di
contrazione epocale del credito alle famiglie, con grandi banche
europee che hanno ridotto di propria iniziativa le erogazioni di mutui
fino al 70% in un anno. Di solito si spinge a fondo il pedale del freno
quando l’auto sta correndo troppo veloce, non quando va a passo d’uomo,
no? Con il risultato di comprimere la domanda di abitazioni in acquisto
per i prossimi anni, e un prevedibile effetto depressivo sulle
quotazioni già sofferenti del mattone. Quel mattone dove, detto di
passata, le famiglie italiane hanno investito il 60% della loro
ricchezza.