«Napoletani piagnoni». E la figlia di tre anni muore in ospedale a Ravenna
NAPOLI (23 febbraio) – Morire a tre anni
in un ospedale. Al Nord. Morire senza una diagnosi certa, senza che i
giorni serviti a scandire quel calvario iniziato il 26 gennaio e
tragicamente conclusosi il 19 febbraio siano serviti a nulla. Non c’è
conforto – non può essercene – nei genitori della piccola Luigia
Lanzano.
Ora che se n’è andata per sempre nessuno riuscirà a riportarla
indietro, nella sua casa di Cervia, tra i suoi giocattoli preferiti, al
carillon magico che riusciva a incantarla – ogni sera – prima di farla
addormentare. È ancora troppo presto per tirare le conclusioni in
questa vicenda che vede protagonista una famiglia di Afragola che si è
trasferita in Romagna, a Cervia, da alcuni anni. Sarà l’autopsia,
ordinata dalla Procura della repubblica di Ravenna, a cominciare a fare
un po’ di luce in questo triste mistero.
Luigia è deceduta proprio nell’ospedale di Ravenna, il Santa Maria
delle Croci, alle 22,30 del 19 febbraio. Ma il male oscuro che se l’è
portata via ha cominciato a minare la sua salute ben prima. Ed è
ripercorrendo, ora, l’esposto presentato ai carabinieri dai genitori
della piccola, il giorno successivo alla sua morte in ospedale, che si
riescono a mettere tutti i tasselli al posto giusto nella ricostruzione
dei suoi ultimi giorni di vita.
La piccola Luigia era nata il 24 novembre 2006 proprio a Ravenna.
Coccolata da mamma Raffaella, papà Giuseppe e dal fratellino di nove
anni, la bimba non aveva mai sofferto di particolari patologie. Il 26
gennaio, però, accade qualcosa. Linee di febbre, accompagnate da conati
di vomito. I sintomi di una banalissima influenza, insomma.
Previdentemente il padre l’accompagna in ospedale per un controllo al
pronto soccorso. Luigia veniva visitata anche da un pediatra, che
disponeva una serie di esami clinici completi. Poi, il rientro a casa.
Il 27 gennaio vengono effettuati i prelievi, e i loro risultati
finiscono sul tavolo del pediatra di fiducia della piccola paziente.
«Tutto bene», avrebbe rassicurato il medico rivolgendosi alla madre,
dopo aver letto i risultati delle analisi. «Ci sono delle placche alla
gola – questa la conclusione della professionista – basterà una
pilloletta a base di amoxicillin», un principio attivo della classe
delle penicilline comunemente utilizzato contro le infezioni. La
situazione, però peggiora. La febbre, salita a 40 nei due giorni
successivi, induce ad una nuova visita della pediatra di famiglia. Ma
anche in questo caso – stando almeno alla denuncia presentata ai
carabinieri – la dottoressa che visita Luigia le prescrive come unico
farmaco della Tachipirina.
«Il 18 febbraio – si legge nell’esposto – poiché la bambina aveva una
temperatura febbrile di circa 38 gradi, mia moglie subito informava la
pediatra e con quest’ultima veniva concertata una visita
otorinolaringoiatrica che veniva effettuata il 19 febbraio presso la
clinica privata Domus di Ravenna. Il medico che la visitò evidenziò
solo un arrossamento alla gola della bambina e muchi al naso».
Luigia ritorna ancora a casa. e quella sarà l’ultimo ritorno nella sua
culletta. Nel pomeriggio la situazione precipita. Alle 16,30 la bambina
sta malissimo: alla diarrea si aggiunge la presenza di macchie di
sangue alla bocca. Terrorizzati, i coniugi Lanzano si precipitano
ancora a Ravenna. Nell’ospedale Santa Maria delle Croci Luigia viene
ricoverata per due ore al pronto soccorso. La madre è in lacrime, il
padre compresibilmente nel panico. Vedono che le condizioni della
figlia peggiorano di momento in momento. E a questo punto si sentono
dire, da un dipendente in camice: «Eccoli, i soliti napoletani
piagnoni…».
Ma c’è altro in quel momento a cui pensare. Dopo essere rimasta due ore
in osservazione al pronto soccorso, i sanitari decidono di trasportare
la piccola prima in pediatria, poi in rianimazione. «Alle 22,30 –
ricostruisce ancora Giuseppe Lanzano ai carabinieri – un medico mi
comunicava che mia figlia era morta. Deceduta per un arresto cardiaco».