Napoli, appalti e truffe: 63 indagati Ecco i nomi dei 25 colpiti da misure cautelari
Truffe, falsi, abusi di ufficio, turbative
d’asta e concussioni commessi nell’ambito della gestione di appalti
pubblici, concorsi finalizzati all’assunzione di personale ed
affidamento di incarichi professionali nella Pubblica Amministrazione.
Sono 63 gli indagati tra politici, dirigenti della Pubblica
amministrazione, professionisti ed imprenditori campani coinvolti
nell’operazione congiunta condotta dai comandi provinciali dei
carabinieri di Caserta e della Guardia di Finanza di Napoli su appalti
e assunzioni. Il filone dell’indagine, nella quale sono 25 le misure
cautelari personali adottate, riguarda l’Arpac, l’Agenzia regionale per
la protezione ambientale.
Carabinieri in consiglio regionale. Perquisizioni da parte dei
carabinieri sono in corso nella sede del Consiglio regionale campano,
al Centro Direzionale. I militari dell’Arma stanno passando al setaccio
atti e documenti trovati negli uffici del gruppo consiliare dell’Udeur
e in quelli del presidente del Consiglio, Sandra Lonardo, al
tredicesimo e al ventesimo piano dell’edificio. Nonostante sia stato
privato della sua guida, il Consiglio regionale in programma oggi
dovrebbe svolgersi regolarmente: questo è l’orientamento che emerge e
che dovrebbe essere confermato dalla riunione, in corso, dell’ufficio
di presidenza. La seduta, al cui ordine del giorno c’è la discussione
del piano casa, sarà presieduta a turno dai due vice della Lonardo:
Salvatore Ronghi e Gennaro Mucciolo. Proprio a quest’ultimo, stamani
intorno alle 8, il presidente del Consiglio Lonardo ha comunicato con
una telefonata la sua impossibilità a presiedere l’assemblea. «È giusto
che il Consiglio vada avanti con la sua attività legislativa e non si
faccia influenzare da fattori esterni», ha commentato Ronghi spiegando
la sua intenzione di aprire regolarmente la seduta. «Dobbiamo andare
avanti», la posizione espressa anche dall’altro vicepresidente Gennaro
Mucciolo.
Coinvolti Clemente Mastella e la moglie Sandra Lonardo. Gli
attuali sviluppi dell’inchiesta su appalti e assunzioni scaturiscono
dall’unificazione di due indagini riguardanti presunti episodi di
corruzione e concussione di esponenti dell’Udeur della Campania, tra i
quali lo stesso leader del partito, Clemente Mastella, all’epoca
ministro della Giustizia.
Nei confronti dell’ex parlamentare è stato emesso dalla magistratura
campana un avviso di conclusione delle indagini preliminari che gli
verrà notificato non appena sarà rientrato in Italia da Strasburgo. Un
analogo provvedimento è stato notificato ad altri 12 indagati.
Nell’inchiesta risulta indagato anche il presidente del Consiglio
regionale della Campania, Sandra Lonardo, destinataria di un
provvedimento di divieto di dimora.
Si tratterebbe, di un divieto che riguarda l’intera regione, dove si
svolge l’attività istituzionale della Lonardo in qualità di presidente
dell’Assemblea. Sandra Lonardo ha ricevuto il divieto di dimora in
Campania mentre il marito Clemente un avviso di chiusura di indagine.
Per la Lonardo anche il divieto di dimora è stato esteso anche ai
comuni che si trovano in prossimità della regione, tra cui Latina,
Frosinone, Isernia, Campobasso, Foggia e Potenza.
Mastella rientra da Strasburgo. La moglie diretta a Roma. Il
leader dell’Udeur ed ex ministro della Giustizia Clemente Mastella ha
saputo dell’ inchiesta mentre stava partecipando a Strasburgo alla
seduta del Parlamento Europeo. Mastella, che era giunto ieri nella
città francese per i lavori dell’ assemblea, sta ora rientrando in
Italia: si è imbarcato sul primo volo utile per Parigi e dalla capitale
francese proseguirà per Roma, dove arriverà nel pomeriggio. La
presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, ha
lasciato invece la sua villa di Ceppaloni, dopo la notifica del
provvedimento di divieto di dimora in Campania. La sua destinazione,
secondo quanto si è appreso, è Roma.
Truffe, falsi, abusi di ufficio e turbative d’asta. In
particolare, gli uomini dei Carabinieri e della Guardia di Finanza
hanno accertato, tra l’altro, l’esistenza di un’associazione a
delinquere finalizzata alla commissione di una serie di truffe, falsi,
abusi di ufficio, turbative d’asta e concussioni commessi nell’ambito
della gestione di appalti pubblici, concorsi finalizzati all’assunzione
di personale ed affidamento di incarichi professionali nella Pubblica
Amministrazione.
La Procura: funzioni pubbliche per fini privati. L’indagine
della Procura della Repubblica di Napoli sull’Arpac ha fatto emergere
il funzionamento di «un ramificato sistema di potere e di gestione
della cosa pubblica (appalti, assunzioni, nomine e sostituzioni dei
vertici amministrativi locali) che – al di là delle rilevanti ricadute
sull’efficienza della PA, sulla regolarità delle procedure
amministrative e sul corretto impiego del denaro pubblico – si è
contraddistinto per un improprio utilizzo delle funzioni pubbliche a
fini privatistici, con conseguente commistione fra interesse pubblico e
interesse personale e/o del partito politico di appartenenza». È quanto
evidenziano in una nota, il procuratore della Repubblica di Napoli,
Giovandomenico Lepore ed il procuratore aggiunto, Francesco Greco.
«Tale sistema – attesa l’esistenza di un vero e proprio programma
criminoso stabilmente condiviso da più persone – sotto un profilo
tecnico giuridico è stato ritenuto riconducibile alla fattispecie
dell’associazione per delinquere». Il sodalizio, sottolinea la Procura,
«ruotava intorno ad alcuni esponenti di vertice del partito politico
(l’Udeur, ndr) e ad alcuni professionisti ed imprenditori ad esso
collegati. Finalità dell’organizzazione «era l’acquisizione di utilità
economiche, di incarichi pubblici, di consenso elettorale, di posizioni
di comando attraverso la commissione di delitti che vanno dalla truffa
alla concussione, dall’abuso in atti d’ufficio». Sono inoltre emersi e
sono in via di ulteriore approfondimento «contatti fra esponenti
casertani del sodalizio inquisito e esponenti di livello delle
organizzazioni criminali, attraverso il quale i primi miravano ad
acquisire consenso elettorale e varie altre utilità, i secondi futuri
favori». I fatti accertati sono relativi al triennio 2005-2008.
«Gara per l’assunzione dei raccomandati». Le indagini hanno
ricevuto rilevante impulso dalle intercettazioni telefoniche. Emerge
che diversi referenti dell’Udeur «quasi facevano a gara fra loro per
riuscire a “piazzare” i propri raccomandati nell’Arpac in modo da
acquisire sempre maggiori benemerenze nel sodalizio». Per le assunzione
del personale e gli appalti dell’Arpac, l’Agenzia regionale per
l’Ambiente della Campania, l’effettivo organo decisionale, secondo
quanto sottolinea la Procura di Napoli, «non era, come per legge, il
suo direttore generale ma piuttosto i vertici della struttura di
partito (l’Udeur, ndr) cui quest’ultimo apparteneva e di cui lo stesso
altro non era che il terminale». Nel pc in uso alla segretaria del dg
dell’ente c’era un file contenente centinaia di nominativi. «Al fianco
di numerosi nomi – evidenziano il procuratore Lepore e l’aggiunto Greco
– risultava quello di un esponente politico o della pubblica
amministrazione (alcuni frequentissimi, altri meno, quasi tutti
comunque per lo più riferibili a persone aderenti al sodalizio e al
partito politico in questione». A fronte di migliaia di domande di
persone «non sponsorizzate e rimaste di fatto accantonate i segnalati
beneficiati nel triennio erano una percentuale del 90%».
«Violate le procedure amministrative». Quello che viene
contestato agli indagati, comunque, «non è la raccomandazione, ma il
fatto che, per far coincidere la vasta schiera dei segnalati con quelle
dei beneficiari di consulenze, incarichi ed assunzioni venivano
reiteratamente e sistematicamente violate le procedure amministrative,
venivano ignorati i regolamenti interni e le leggi, venivano
fraudolentemente posti in evidenza requisiti o circostanze di fatto
inesistenti». Insomma, la condotta illecita era esclusivamente
finalizzata ad assecondare le richieste dei diversi referenti politici
«con riferimento a centinaia di casi di incarichi illecitamente
attribuiti e allo stato accertati». Stesso scenario anche per incarichi
temporanei, precari e consulenze. Alla luce è venuto un sistema in cui
perfino le richieste di comandi e trasferimenti erano annotate in un
apposito file: anche in questo caso – rileva la Procura – vicino al
nome del dipendente c’era «immancabilmente» lo sponsor politico
amministrativo.
«Intimidito chi non rispettava le disposizioni». «Una
sistematica opera di demolizione e boicottaggio dei soggetti che, a
vario titolo, contrastavano l’attività dell’organizzazione ovvero,
semplicemente, non si prestavano al perseguimento delle finalità
indicate dai suoi vertici, non sottostando alle relative perentorie
disposizioni». Dalle indagini salta fuori, infatti, che, «nella
prospettiva del sodalizio, i pubblici ufficiali incardinati in
strutture pubbliche considerate, usando il gergo degli stessi indagati,
“postazioni” del partito avevano l’obbligo di essere fedeli prima al
partito stesso e, poi, se e ove possibile, all’interesse pubblico e
alla legge». «Se avveniva – come fortunatamente talora è avvenuto – che
i Pubblici Ufficiali in questione non sentissero il dovere di
assecondare ogni desiderata dell’organizzazione, questi – si evidenzia
ancora – potevano essere oggetto di azioni intimidatorie, di
rappresaglie varie che, talora, arrivavano all’aggressione alla vita
professionale dell’infedele». «Il direttore generale del Santobono di
Napoli, nominato nel dicembre del 2005 (nella stessa tornata di nomine
che aveva riguardato il DG di Caserta) – riferisce la Procura – era
contrario a nominare primario del citato ospedale (per una precisa
articolazione interna) un medico espressione della sua stessa area
politica in quanto ritenuto privo di titoli idonei. Seguivano pressioni
sul dg da parte di consiglieri e assessori del partito (fra cui anche
la solita interrogazione in sede di Consiglio regionale, sottoscritta
da buona parte del gruppo consiliare del partito in questione, nella
quale, in modo del tutto pretestuoso, si contestava l’operato del DG e
si chiedevano chiarimenti all’assessore alla Sanità della Regione
Campania)». «Emergevano, poi, intimidazioni nei confronti di un ex
sindaco di Morcone (Benevento) a causa del mancato passaggio nelle file
del partito politico in questione (passaggio vanamente richiesto dai
vertici di quest’ultimo partito) e della mancata nomina di persona
gradita al sodalizio alla presidenza del locale Ente Fiera. In tale
contesto – riferisce la Procura – si induceva un assessore della giunta
Comunale che svolgeva l’attività di rappresentante farmaceutico a
dimettersi dalla giunta attraverso la minaccia di influire
negativamente sulle strutture pubbliche e private che fino a quel
momento si servivano della sua attività professionale».
Ecco i nomi dei 25 colpiti da misure cautelari. Arresti domiciliari sono stati disposti per Luciano Capobianco, ex direttore generale dell’Arpac. Quindici gli indagati per i quali è stato applicato il divieto di dimora nella Regione Campania. Tra loro il presidente consiglio regionale, Sandra Lonardo; il capogruppo alla Regione Fernando Errico; Nicola Ferraro, consigliere regionale; Antonio Fantini, già presidente della Regione Campania e segretario regionale Udeur. Gli altri provvedimenti riguardano Valerio Azzi, imprenditore; Carlo Camilleri, ingegnere e consuocero di Clemente Mastella; Ruggero Cataldi, ex direttore amministrativo Asl Benevento 1; Giuseppe Ciotola, imprenditore; Bruno De Stefano, direttore generale dell’Asl di Benevento; Arnaldo Falato, dirigente dell’Asl Benevento 1; Carmelo Lomazzo, dirigente Arpac; Massimo Menegozzo, dirigente Arpac; Massimo Palmieri, imprenditore; Francesco Polizio, dirigente Arpac; Mario Scarinzi, ex direttore generale dell’Asl Benevento 1.
Il divieto di dimora nelle province di Benevento, Caserta e Napoli è stato disposto per Bartolomeo Piccolo, imprenditore, mentre il divieto di dimora nelle province di Benevento e Napoli per Giustino Tranfa, imprenditore, Antonio Zerrillo, ingegnere.
La misura interdittiva del divieto di esercitare l’impresa e la professione è stata disposta per gli imprenditori Gaetano Criscione, Francesco Di Palma, Fabrizio Merolla, Claudio Rossi (55 anni, nato a San Giorgio a Cremano), Fabio Rossi e per il libero professionista Antonello Scocca.
I reati ipotizzati vanno, a vario titolo, dall’associazione per
delinquere alla truffa ai danni dello Stato, turbativa d’asta, falso in
atto pubblico continuato e concussione.
Ecco chi ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Avrebbero ricevuto l’avviso: Clemente Mastella, Andrea Abbamonte, ex assessore regionale Udeur; Antonio Nunzio Babino, direttore dell’azienda ospedaliera di Polla (Salerno); Antonio Bottillo, dirigente affari generali Asl Benevento 1; Amedeo Di Maio, libero professionista, Cristiana Fevola, imprenditrice; Manlio Ingrosso, libero professionista; Lucio Luciano, responsabile del dipartimento di Salute mentale Asl Benevento 1; Vincenzo Lucariello, ex segretario generale del tar Campania e difensore civico della Regione Campania; Luigi Nocera, ex assessore regionale della Campania; Bruno Rolando, dell’ospedale Santobono di Napoli; Massimo Vetrone, direttore dell’ufficio Controllo interno Asl Benevento 1 e Tommazo Zerella,
direttore sanitario della stessa Asl. A Lucariello è stato anche
notificato un decreto di sequestro preventivo di beni mobili per un
valore complessivo 20 mila euro.