Napoli, giro di abiti usati e non depurati. Truffa milionaria del clan Birra-Iacomina con il traffico delle “pezze” di Resina
Abiti usati messi in commercio in
barba alle norme sui rifiuti e sull’igienizzazione, per un giro
d’affari di svariate decine di milioni di euro: era questo il business
avviato dal clan camorristico Birra-Iacomina di Ercolano (Napoli),
stroncato dai carabinieri. Dalle prime ore di questa mattina in
Campania, Toscana ed Emilia-Romagna, oltre 100 Carabinieri del Comando
Tutela Ambiente e dei Comandi Provinciali di Napoli, Firenze, Prato,
Caserta e Forl�-Cesena stanno eseguendo arresti, perquisizioni e
sequestri nell’ambito di un’operazione che ha consentito di individuare
e porre a termine un maxi traffico illecito di indumenti usati.
Le indagini che hanno portato all’emissione dei provvedimenti da parte
del GIP del Tribunale di Firenze, coordinate dalla DDA del capoluogo
toscano e condotte dal N.O.E. Carabinieri di Firenze, hanno documentato
che gli abiti usati, in totale violazione della normativa sui rifiuti,
venivano inviati ad aziende toscane e campane che li commercializzavano
al dettaglio simulando trattamenti, fra i quali l’igienizzazione, in
realtà mai avvenuti per un giro di affari di svariate decine milioni di
Euro.
I particolari dell’operazione saranno illustrati nel corso di una
conferenza stampa convocata per le 11 presso il Comando Provinciale
Carabinieri di Prato.
Sono diciotto le ordinanze di custodia cautelare, per il traffico
illecito di “pezze”: nove riguardano persone residenti nel Napoletano,
in prevalenza autotrasportatori, ad alcuni dei quali è stata contestata
l’aggravante dell’articolo 7; avrebbero agito per favorire gli
interessi del clan camorristico Birra-Iacomino, che contende al gruppo
rivale degli Ascione-Papale il controllo di Ercolano.
Secondo quanto si è appreso, i rifiuti tessili giungevano in Toscana da
Ercolano, comune vesuviano dove è radicata la tradizione della
raccolta, cernita e rivendita degli indumenti usati, le cosiddette
“pezze”. Nel quartiere di Resina di Ercolano, infatti, ancora oggi
molte bancarelle espongono abiti di seconda mano, che anche a causa
della crisi economica mantengono un notevole mercato.
Nella zona di Prato ufficialmente venivano ripuliti e disinfettati; di
fatto, invece, venivano inviati in altre città senza essere sottoposti
ad alcun trattamento.
la storia dell,indumento usato Non ci sono solo le false Onlus a contendersi il mercato dell’indumento usato,ma dietro una parvenza di santità c’è un vero e proprio commercio gestito dalle opere pie ,cioè la chiesa,vedi cottolengo di Torino,o le opere vincenziane sempre a Torino ,la Caritas,e altre….Qui l’indumento viene selezionato ,lo straccio viene venduto ai pezzamifici per il riciclo,un indumento di 2/da scelta viene dato cosi in beneficenza per ipotetici bisognosi,mentre la 1/ma scelta viene venduta a peso quindi a un costo fisso concordato con il cliente che si porterà a casa abiti di buona fattura,scarpe, borse,tovaglie,lenzuola anche nuove.I clienti in questione,sono commercianti ambulanti o negozianti,che a sua volta la venderanno nei mercati rionali o nei negozi,il tutto senza una benché minima fattura,oppure un documento che provi la disinfestazione,ci sarebbe ancora da scrivere,come le grandi industrie del pezzame,la maggior parte situate a prato dove seguendo altri canali di approvvigionamento di indumenti li rivendano sempre ai commercianti con prezzi che sfiorano addirittura il nuovo ma almeno questi la fattura te la fanno