Napoli, gli operatori del 118 denunciano: «Sputi e minacce a medici e infermieri»
I medici e gli operatori che lavorano al
pronto soccorso e sulle ambulanze lo sanno: la loro è una vita in
trincea. Chi fa questo lavoro a Napoli, però, oltre a confrontarsi ogni
giorno con malattia, sofferenza e morte deve fare i conti con il
rischio di subire un’aggressione da parte di familiari inferociti.
Sputi, schiaffi, minacce con la pistola sono da anni all’ordine del
giorno in molti ospedali del capoluogo campano e stanno trasformando in
vero e proprio inferno quello che è già un lavoro difficile.
È di oggi l’ultima di una lunga scia di aggressioni contro medici. A
Ponticelli, quartiere della periferia di Napoli, dottori e infermieri
del 118 sono stati aggrediti e picchiati. Per i familiari, l’ambulanza,
che doveva soccorrere una persona in gravi condizioni è arrivata troppo
in ritardo: da qui la reazione violenta contro l’equipe, della quale
faceva parte anche una giovane volontaria, rimasta sconvolta per
l’aggressione subita.
Nonostante le ferite riportate gli operatori hanno poi accompagnato in
ospedale il paziente. «Aggressioni di questo genere accadono troppo
spesso – dice Flavio Romito, coordinatore della centrale operativa del
118 e rianimatore – Tutti ne parlano ma noi operatori siamo diventati
lo scarto della società».
La settimana scorsa la rabbia dei familiari di una persona in attesa di
ricovero si è scagliata contro un medico del Pronto Soccorso del
Cardarelli, bersaglio degli sputi di un parente di 17 anni. «Episodi
come questo – dice il dottor Fabio Pinto, dirigente responsabile
dell’unità semplice di Radiologia ed Ecografia del Pronto Soccorso del
Cardarelli – hanno reso necessario abbassare di 50 centimetri la
finestra dello sportello informazioni. Chi vuole chiedere qualcosa si
deve abbassare e non può sputare in faccia a nessuno».
Misure estreme contro una situazione estrema. A luglio, un uomo è
arrivato al Pronto Soccorso dell’ospedale napoletano Loreto Mare
brandendo una pistola, mentre a settembre dell’anno scorso un medico
del Cardarelli è stato preso a pugni dal figlio di una donna ricoverata
che sollecitava il trasferimento della madre in un altro reparto.
«Quello delle aggressioni ai medici è un fenomeno trasversale a tutte
la fasce socioculturali – spiega il dottor Pinto – anche se è più
frequente in quelle più basse. Il termine tecnico per definirlo è
‘autoreferenzialità: i parenti di un malato credono di poter gestire
autonomamente il diritto alla salute pretendendo l’intervento di medici
e infermieri con la forza e la violenza. Dietro a tutto questo c’è la
mancanza di informazione e prevenzione, ma soprattutto una scarsa
fiducia nel medico che induce le persone a farsi giustizia da soli».