Napoli, palazzo pericolante a Chiaia occupato da 40 anni da famiglie abusive
NAPOLI
(5 maggio) – Sorge in una delle zone più belle di Napoli, a due passi
da piazza dei Martiri, incastonato tra i palazzi d’epoca di via Carlo
Poerio. Anche l’edificio è antico, è del 1700. Da quarant’anni è
occupato abusivamente da una ventina di famiglie e, quel che è più
grave, è a rischio crollo da almeno trent’anni. La prima perizia sulla
staticità del palazzo, infatti, risale al 1976.
Da allora non è stato possibile alcun intervento strutturale perché gli
occupanti non hanno mai voluto lasciare gli appartamenti. Anzi, se li
sono tramandati di generazione in generazione. E, nonostante ordinanze
sindacali del Comune e sentenze di sgombero, la situazione è rimasta
immutata. È paradossale che tutto ciò accada in una delle vie più
frequentate di Napoli, strada di shopping e di movida, a pochi metri da
una scuola, la media «Fiorelli». E che la storia vada avanti, senza che
alcun provvedimento ne abbia cambiato il corso, dagli anni Settanta ad
oggi.
«È assurdo, ma sono determinata a portare avanti questa battaglia per
ripristinare la legalità», afferma Angelica Sabetti. Da quattro anni è
la nuova amministratrice della cooperativa edilizia abitazioni
professionisti che, a cavallo tra il 1963 e il 1964, acquistò
l’edificio in via Carlo Poerio, civico 22-27, composto da diciotto
unità abitative disposte su sei piani, più sei locali terranei a fronte
strada e altrettanti interrati. «Sto continuando la battaglia avviata
da mio padre che oggi ha novant’anni ed è stato l’amministratore della
cooperativa che acquistò l’immobile senza scopi di lucro. È stato un
investimento drammatico, ad oggi è impossibile accedere allo stabile.
Io – racconta Sabetti – non posso nemmeno avvicinarmi a quel palazzo
per le minacce, sempre verbali, di chi lo occupa abusivamente».
Al danno la beffa. In questi anni ci sono state decine di giudizi
civili che disponevano lo sgombero dei locali e delle unità abitative
ma ogni volta che si provvedeva a dare esecuzione al provvedimento si
scopriva che nelle case c’erano persone diverse da quelle per cui era
stata disposta l’ingiunzione di sgombero. Gli occupanti si scambiavano
gli alloggi o li cedevano a terzi, conoscenti o familiari, per evitare
di lasciare l’immobile.