Napoli, scandalo-Galleria Umberto I Misure sbagliate, cemento sui rosoni
NAPOLI (18 marzo) – Una storia infinita quella della Galleria Umberto
I. Dopo i lavori per la sostituzione di tutti gli elementi in vetro
della copertura, sia dei quattro bracci, sia della cupola, il
ripristino e il consolidamento della struttura metallica portante, ora
tocca alle parti «basse». Un intervento ritenuto dal Comune di «somma
urgenza».
Dopo l’armatura di ferro che per tre anni ha ingabbiato
la Galleria Umberto I, ora l’intervento di «somma urgenza» riguarda il
pavimento.
Oblò di vetro, rotti, scheggiati e divelti. Pericolosi per passanti e turisti.
Ma, a dieci giorni dall’avvio dei lavori, sembra che il rimedio sia
peggiore del male. I vetri con cui sono stati ricoperti i rosoni in
ferro battuto, infatti, hanno una circonferenza più piccola del
necessario. Così il disco di vetro traballa, creando altri problemi. A
denunciare l’errore sono stati i commercianti della Galleria. «Ma gli
operai hanno risolto subito – dice con ironia e polemica Antonio
Barbaro, presidente del comitato commercianti della Galleria – quando
si sono resi conti che le misure erano sbagliate hanno gettato un
massetto di calce per fermare l’oblò. Altri invece sono stati subito
bloccati da cicche, cartacce e rifiuti, che si sono incatastati tra la
circonferenza del rosone e quella dell’oblò. Uno spettacolo pietoso».
Una storia infinita quella della Galleria Umberto I. A dicembre, con
338 giorni di ritardo sulla tabella di marcia sono stati ultimati i
lavori per la sostituzione degli elementi in vetro della copertura, il
ripristino e il consolidamento della struttura metallica portante, ora
tocca invece allo splendido pavimento, in marmo policromo intarsiato,
della Galleria.
Un intervento ritenuto dal Comune di «somma urgenza». Gli oblò in vetro
(una quarantina in tutto, che coprono altrettanti rosoni in ferro
battuto, incastrati nei 147 metri di lunghezza per 15 di larghezza
della galleria) rappresentano un pericolo per l’incolumità di quanti
passando inciampavano nei dissesti del pavimento. Così l’assessore
comunale con delega agli Edifici storici, Nicola Oddati ha disposto la
sostituzione di quelli più danneggiati.
«Si tratta – spiega l’architetto Antonio Cirillo, dirigente del Comune
per l’Edilizia monumentale, che sta seguendo l’intervento in Galleria –
di un intervento tampone. Nelle intenzioni del Comune – conclude – c’è
a medio termine la riqualificazione di tutto il pavimento come per per
la parte alta, della cupola e dei bracci laterali».
Ma la soluzione, per quanto sia «tampone» non trova concordi i
commercianti. «È vergognoso – precisa Barbaro – soprattutto l’oblò sul
rosone all’ingresso da via Toledo è un pessimo biglietto da visita per
i turisti, venuti ad ammirare una delle gallerie più belle ed imponenti
d’Europa per proporzioni ed architettura».
Costruita dopo il colera del 1884, su progetto dell’ingegner Emmanuele
Rocco, poi ampliato da Ernesto di Mauro, la galleria fu inaugurata dopo
tre anni di lavori, il 19 novembre 1890. «Un anno dopo la Torre Eiffel
– aggiunge Barbaro – la nostra galleria non ha nulla da invidiare in
bellezza a quella di Milano, che però ci supera per la manutenzione e
la pulizia».
Realizzato nel 1952 il pavimento sotto la cupola, presenta una
bellissima rosa dei venti, decorata a mosaico con i segni dello Zodiaco
e la «Bussola» con i punti cardinali firmati dalla ditta «Padoan» di
Venezia, che li realizzò nel ’52 per sostituire gli originali
danneggiati dal calpestio e dalla guerra. Le decorazioni sono, invece,
di Enrico di Mauro. Ma degrado ed incuria non hanno aggredito solo gli
oblò. Un tassello dopo l’altro sono «saltati» anche molti quadratini
rossi e gialli dei mosaici che compongono gli stemmi comunali. Da
alcuni manca quasi l’80 per cento delle tessere e il dislivello fa
saltare anche quelli rimanenti. Così per «rimediare» sono stati
ricoperti con un corposo strato di livellante, come si usa per i
sottoparquet.
«Certo non è un bel vedere ma è stato un intervento utile e necessario
– conclude Barbaro – Ci siamo autotassati per realizzare
quest’intervento. Forse avrebbe dovuto pensarci qualcun altro».