Napoli, un flop la vendita delle case Incassi deludenti per il Comune
NAPOLI
(1° febbraio) – Si chiama dismissione ma il suo vero nome è flop. Di
cosa si tratta? Della vendita delle case. La delibera viene licenziata
dal Consiglio comunale nel marzo del 2004.
Da allora sono state vendute 291 case sulle 1834 disponibili per un
incasso di poco superiore ai 30 milioni come si legge sul sito del
Comune alla sessione dedicata a questo argomento. Doveva essere il
salvadanaio da rompere nei momenti di crisi, una valvola di sfogo anche
sociale per consentire ai napoletani di diventare proprietari della
casa dove abitano invece qualcosa non ha funzionato.
Al punto che l’assessore competente Marcello D’Aponte sta smontando
pezzo a pezzo quanto messo in piedi dai suoi predecessori Fernando
Balzamo e Ferdinando Di Mezza per cercare di dare una sterzata e
raggrennellare quei soldi che servono per pagare i creditori del Comune
e rimettere in moto l’economia cittadina.
L’assessore alle Risorse strategiche Michele Saggese è stato chiaro:
«Entro fine anno dobbiamo incassare fra i 40 e i 50 milioni di euro
dalla dismissione per fare cassa e avere la giusta liquidità».
Impresa possibile? Come stanno le cose realmente? Il patrimonio del
Comune messo in vendita è quello storico non strategico che si compone
di 2351 unità. Nel 2004 è stato messo sul mercato il primo e il secondo
lotto che si compone di 1834 case, delle quali sono state vendute
appunto solo 291 negli anni che vanno dal 2007 al 2009.
Un vero flop malgrado si trattasse di case con grande appeal trovandosi
per la maggior parte nei quartieri Pendino, Porto, Avvocata,
Montecalvario e San Lorenzo-Vicaria. «Ora – racconta l’assessore
D’Aponte – la vendita è ferma perché stiamo cercando di migliorare la
vendibilità di queste case che si trovano nel centro storico. Comunque
siamo stati capaci di incassare 30 milioni. Certo si può e si deve fare
meglio».
E infatti D’Aponte è proiettato sul futuro, verso la vera scommessa da
vincere, quella del patrimonio immobiliare Erp (Edilizia pubblica
residenziale) che produce debiti e nessun credito. Tredicimila alloggi
fra Scampia e Ponticelli passando per Barra e i quartieri della
periferia da piazzare a ogni costo per incassare appunto tra i 40 e i
50 milioni. «Stiamo snellendo le procedure – dice – la parte
burocratica è quella più difficile. Serve una nuova convenzione con le
banche e con i notai poi faremo partire le lettera agli inquilini,
entro 60 giorni ci devono far sapere se acquistano o no».
D’Aponte ha in serbo un altro asso nella manica per smuovere il
mercato: «Sto cercando, regolamento alla mano, di permettere la vendita
delle case anche laddove ci sono degli abusi che però rientrino nella
categoria dei condonabili. Certo non si potrà condanare chi si è
costruito un nuovo piano sulla casa. Se sarà possibile sono convinto
che questo sarà un buon incentivo all’acquisto».
Il Comune se riesce a vendere queste case fa un vero colpaccio, perché
oltre a fare cassa libera risorse pari a 15 milioni che servono per la
manutenzione. «Fondi che vanno comunque aumentati perché sono pochi per
gestire il patrimonio del Comune» conclude l’assessore.
Incentivi per l’acquisto che non sono solo collegati alla questione del
condono edilizio. Intanto la vendita – è bene ricordarlo – va fatta
agli occupanti e chi non ritenesse di dover comprare non ha nessun
obbligo in questo senso. Rimane in casa sua. In più gli occupanti la
casa avranno uno sconto, nel caso invece decidessero di comprare, pari
al 30% sul prezzo di mercato.
Nella sostanza una casa Erp costa mediamente intorno ai 40mila euro.
Non è finita qui, perché le convenzioni con le banche servono a fare in
modo che gli istituti di credito eroghino mutui a condizione agevolate
a chi acquista case comunali. Stessa cosa per la convenzione con i
notai.