Nei contratti con la pubblica amministrrazione nulle le clausole che non prevedono la revisione dei prezzi
Nei contratti con la pubblica amministrazione la Corte di Cassazione spezza una lancia a favore delle aziende. Infatti, sono nulle le clausole che non prevedono la revisione prezzi e
l’amministrazione è tenuta a corrispondere in ogni caso l’aumento accampagnato dagli interessi. Lo ha
sancito il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con
la sentenza n. 2997 del 2 dicembre 2009, con cui ha accolto il ricorso di due
aziende, le quali lamentavano il fatto che l’amministrazione aveva negato loro il compenso per la
revisione del prezzo di un appalto. In particolare, in sentenza leggiamo che “l’articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 detta una
disciplina speciale, circa il riconoscimento della revisione prezzi nei
contratti stipulati dalla p. a., che prevale su quella generale di cui
all’articolo 1664 del codice civile ed attribuisce alle imprese il
diritto alla revisione dei prezzi. Tale disciplina ha natura imperativa
e s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la
volontà delle parti contrastante con la stessa, attraverso il
meccanismo di cui all’articolo1339 del codice civile; ne consegue che
le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la
nullità non investe l’intero contratto, in applicazione del principio
utile per inutile non vitiatur, sancito dall’articolo 1419 del codice
civile”. E ancora. “Il compenso revisionale costituisce debito di valuta e, pertanto, è soggetto alla
corresponsione di interessi per ritardato pagamento, ricadendo
nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.
231 di Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta
contro i ritardi di pagamento nelle transazioni”.