Nella compravendita di autoveicoli è competente il foro del consumatore in caso di controversia tra acquirente e concessionario
Deve essere affermata la competenza del foro del consumatore, ai sensi del codice del consumo, nella controversia che oppone l’acquirente del veicolo al concessionario-venditore. È questo il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 24370, depositata il 18 novembre 2011 dalla sesta sezione civile della Corte di Cassazione. Gli Ermellini spiegano che risulta pacifica la qualificabilità di quest’ultimo come “professionista” ai sensi del citato D.lgs. 206/05, a nulla rilevando che il consumatore abbia proposto l’annullamento del contratto di compravendita per vizio del consenso e soltanto in via subordinata la risoluzione del contratto. L’acquirente aveva convenuto in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Ancona, individuato ex art. 33 del codice del consumo, una società srl per far dichiarare l’annullamento del contratto per acquisto di autovettura tra privati e per ottenere la restituzione dell’acconto versato alla convenuta, nonché il risarcimento del danno. Nel costituirsi in giudizio, la società aveva eccepito l’incompetenza per territorio dell’adito Tribunale, essendo competente, in base all’art. 19 cod. proc. civ., il Tribunale di Piacenza. Il Tribunale di Ancona, con sentenza depositata il 27 gennaio 2010, aveva dichiarato la propria incompetenza spiegando che doveva aversi riguardo, ai fini dell’individuazione della competenza, alla domanda proposta. Nella specie, secondo il Tribunale, l’attrice aveva proposto una domanda principale di annullamento del contratto (di compravendita di un autoveicolo presso la srl di Piacenza) per vizio del consenso, e solo in via subordinata una domanda di risoluzione basata sul d.lgs. n. 206 del 2005 (codice del consumo). Avverso tale decisione l’acquirente proponeva regolamento necessario di competenza, sostenendo che il Tribunale sarebbe incorso nell’errore di ritenere che il foro del consumatore sussisterebbe solo quando in via principale vengano chieste le tutele di cui al codice del consumo. Investita della questione, la Corte, accogliendo la domanda del consumatore e cassando la sentenza impugnata e dichiarando competente il Tribunale di Ancona, ha spiegato che “non è, infatti, dubbia né controversa la qualificazione delle parti rispettivamente come “consumatore” e “professionista”, e parimenti è pacifico che il contratto dedotto in giudizio sia un contratto intercorso tra i due soggetti così qualificati; che se, quanto alla domanda subordinata, è certamente operante la regola di individuazione della competenza nel giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore (art. 33, comma 1, lettera v, del d.lgs. n. 206 del 2005), è altresì da ribadire (…) che detta previsione, portato e sviluppato di cogenti disposizioni di fonte comunitaria, ha carattere processuale e costituisce scelta legislativa di determinazione di una competenza inderogabile (salvo l’esito di apposito accordo e trattativa tra le parti art. 34, comma 4), proprio per la natura presuntivamente vessatoria di una diversa regolazione negoziale”. Inoltre, ha precisato la Corte, “si è ritenuto che per escludere la competenza del “foro del consumatore” si impone al professionista convenuto l’onere della prova che la diversa competenza è stata negoziata in base a specifica trattativa e che non ne deriva uno squilibrio “significativo” delle reciproche prestazioni posizioni contrattuali, secondo la direttiva posta dall’art. 33 nel suo comma 1; e che, in assenza dell’assolvimento di detto onere processuale, l’eventuale indicazione contrattuale di una competenza corrispondente a quella (forum destinatae solutionis, sede imprenditoriale etc.) che sarebbe individuabile in base ai criteri generali (artt. 18, 19, 20 cod. proc. civ.) non vale a salvaguardare la validità della clausola, nonostante al generale previsione della validità (non vessatorietà) di clausole “che riproducono disposizioni di legge” (art. 34, comma 3, del d.lgs. n. 206), perché lo impedisce la funzione della normativa, che è quella di apprestare una speciale tutela per il consumatore (Cass. n. 16336 del 2004 cit, con riferimento all’art. 1469-bis cod. civ. e Cass. n. 6802 del 2010, quanto alla disciplina ora proposto dagli artt. 33-34 del d.lgs. n. 206/2005)”.