Niente scontrino, licenziata barista
La pratica diffusa di non battere lo scontrino può costare caro, anche con il licenziamento. La Cassazione, per la quale si tratta di un “brutto vizio” da debellare, ha convalidato l’allontanamento di una dipendente di un casinò.
La barista era stata inchiodata dai controlli di una agenzia
investigativa privata. Respinta la difesa della donna, che ammetteva il
“comportamento illecito ma oramai di prassi”.
I
fatti avvengono al casinò di Sanremo. La donna non aveva conseganto, in
diverse giornate del luglio 2001, lo scontrino fiscale ai clienti del
bar. La barista, il cui licenziamento era stato convalidato dalla Corte
d’appello di Genova, nel gennaio 2006, ha provato a difendersi in
Cassazione sostenendo che il fatto di non battere gli scontrini era un
“comportamento illecito” ma “autorizzato e corrispondente a una
prassi”.
Piazza Cavour non ha gradito la linea difensiva e,
bocciando il ricorso, ha convalidato la legittimità
dell’allontanamento. Quanto al fatto che la cosa era venuta fuori in
seguito a controlli occulti degli 007, la Suprema Corte ha rilevato che
le norme per la tutela del patrimonio aziendale “non vietano al datore
di lavoro” di ricorrere ai “mezzi necessari ad assicurare la
sopravvivenza dell’impresa, quali i controlli occulti di un’agenzia
investigativa contro attività fraudolente o penalmente irrilevanti”.