Il Commissario straordinario per l’emergenza dei rifiuti in Campania ha individuato come sito di stoccaggio delle “eco-balle” del C.D.R. di Avellino e probabilmente di altri impianti della Campania, il comune di Petruro Irpino – il più piccolo per popolazione della regione, che ospita la sede del Consorzio dei viticoltori – ricadente nella pregiata area di produzione delle uve che originano uno dei vini italiani più apprezzati nel mondo per la sua alta e originale qualità: il “Greco di Tufo” D.o.c.g. .
L’assurda e irresponsabile indicazione, che rischia di formalizzarsi attraverso un’apposita ordinanza o addirittura un atto esecutivo del Consiglio dei Ministri, quasi certamente è stata dettata dal fatto che il sito si trova a soli 15 chilometri dall’impianto di trattamento dei rifiuti ed è un’area dimessa di una ex fabbrica di laterizi posta nelle vicinanze di una cava di argilla in disuso, senza aver tenuto nella minima considerazione l’evoluzione che il territorio ha registrato in questi ultimi decenni.
L’area in questione è una zona molto limitata come estensione, prevalentemente collinare che si interpone tra la provincia irpina e quella sannita la quale, nonostante la sua vocazione ambientale è già interessata da una continua processo di inquinamento dell’habitat che è attualmente oggetto di un complesso studio scientifico epidemiologico. Essa è attraversata dal fiume Sabato – uno dei corsi d’acqua più inquinati della Campania – esposta a un preoccupante dinamismo geologico, la quale fino a pochi decenni fa si presentava come un territorio privo di prospettive e fonte di una emigrazione di massa in quanto era venuto a concludesi il fiorente ciclo produttivo del bacino minerario di zolfo di Tufo e di Altavilla Irpina creando, di riflesso, l’abbandono delle campagne e la marginalizzazione dell’economia vitivinicola.
Grazie alla volontà e ai sacrifici di tanti cittadini del luogo si è tentato di reagire rispetto a un irreversibile e crudele destino, per cui a causa dell’intreccio di diversi fattori, tutti riconducibili a un comune denominatore di impegno locale, che ha visto protagonisti in primi luogo i produttori di uve e i vinificatori, le istituzioni, l’Ispettorato Agrario di Avellino e altri enti preposti al sostegno e alla promozione del settore primario, quelle che sembravano terre destinate alla scontata decadenza hanno registrato un continuo e progressivo processo di sviluppo senza beneficiare delle politiche di incentivazione a pioggia di cui si sono potute avvalere altri settori e non poche aree del Mezzogiorno.
Il numero dei produttori di uve pregiate è salito in modo esponenziale, quello delle aziende di trasformazione si è notevolmente diffuso, il volume di affari ha raggiunto dimensioni considerevoli, il tutto in un contesto di interessante innovazione, che ha comportato l’ammodernamento dell’impiantistica produttiva, delle colture e delle tecniche di coltivazione dei vigneti, la realizzazione di una rete commerciale nazionale ed internazionale, nonostante i tanti gap tecnologici di base ancora esistenti, a partire dalla privazione dell’utilizzo della larga banda (Adsl) nell’ambito delle telecomunicazioni informatiche.
Questo mutamento socio-economico, che ha prodotto anche quello del panorama agrario e ambientale della zona, è stato accompagnato da una importante attività di programmazione degli enti locali – gli otto comuni dell’area d.o.c.g., la Provincia di Avellino e la Comunità Montana del Partenio-, che si sono resi protagonisti di interessanti iniziative miranti al recupero funzionale dell’habitat e delle sue preesistenze naturali, architettoniche e culturali, avendo come filosofia di fondo la trasformazione dell’economia produttiva del “Greco di Tufo” in economia di civiltà.
Per queste iniziative gli otto comuni, sempre contando quasi esclusivamente sulle proprie energie umane, intellettuali ed economiche, dopo una prima e fondamentale fase di studio e di pianificazione intercomunale, da oltre un quindicennio si sono strutturati amministrativamente, anche se ancora in modo non formale, come un soggetto istituzionale unitario: la “Città del Greco”, dando vita a interessanti progetti di recupero dell’habitat territoriale che tuttora si riverberano anche con nuove e originali progettazioni nell’ambito delle politiche di sviluppo della Unione europea. Anche se non tutti sono stati portati a termine unitariamente o compiutamente, per via delle articolazioni territoriali e delle politiche di finanziamento previste da livelli istituzionali superiori, oggi possiamo contare sulla concreta realizzazione del Recupero del Mulino delle ex Miniere di Zolfo di Tufo – acquisite al patrimonio pubblico dai comuni e dalla Provincia con fondi di bilancio interno, per realizzare un “Salone internazionale del gusto” e quello del Parco fluviale della Valle del Sabato, nel quale ricadono i territori dell’area di produzione d.o.c.g..
Sono iniziative giunte in una fase molto avanzata, che tra qualche tempo potranno concretizzarsi e consentire il rilancio di un’area dalle grandi potenzialità che potrebbe rimettersi definitivamente in moto ed originare forme innovative – integrative non alternative – al processo più generale di sviluppo della provincia.
Tutto questo il Commissario straordinario evidentemente non ha inteso considerarlo e ora si rischia di cancellarlo, insieme alla speranza per un futuro migliore, con una irresponsabile e autoritaria decisione.
Il territorio è storia, sentimento, civiltà, non una mera espressione topografica.
E se entriamo anche nello specifico tecnico ci accorgiamo come anche questo aspetto presenta elementi oggettivamente incompatibili sotto il profilo giuridico-amministrativo.
L’idea di insediare l’impianto sull’area della ex SAIM Laterizi infatti non tiene conto:
· della estrema fragilità dell’ecosistema, caratterizzato da imponenti movimenti franosi antichi e recenti al punto che sull’intera zona collinare in destra del fiume Sabato è stato imposto il vincolo idro-geologico (zona rossa);
· del fatto che l’impianto ipotizzato viene ubicato proprio sulla riva del fiume Sabato, sulle falde acquifere che lo alimentano e su di un terreno a forma “gruviera” nel cui sottosuolo si sviluppa il complesso reticolato delle gallerie estrattive del bacino solfureo;
· dell’interesse naturalistico della zona, che ospita nicchie ecologiche assai singolari per la presenza di insolite essenze vegetali che testimoniano una drammatica storia geologica dell’intero comprensorio e perciò meritano di essere tutelate.
Non tiene conto, inoltre, della problematicità dei collegamenti viari coi luoghi di produzione dei rifiuti.
Folle e impraticabile è infatti la decisione di avviare colonne di camion per la Strada Provinciale Prata –Altavilla, piena di curve e di strettoie, che già adesso non è in grado di sostenere il traffico dei numerosissimi automezzi pesanti in transito dagli snodi autostradali della NA-BA verso la Valle Caudina. Detta strada oltretutto presenta i suoi punti più critici proprio nel tratto, lungo più di un chilometro, che attraversa l’abitato di Tufo, e un massiccio incremento del traffico renderebbe davvero infernale la vita dei residenti.
La scelta del Commissariato sconsideratamente pretende di ignorare persino lo studio preparatorio approntato dall’Amministrazione Provinciale in preparazione del Piano Provinciale per lo smaltimento dei rifiuti, evitando di informare lo stesso Presidente che ricopre anche la funzione di sub.commissario per i comuni irpini.
Queste ragioni, che come si è potuto intendere non sono quelle dettate da un egoismo territoriale tanto meno da un atteggiamento di estraniazione rispetto al doveroso senso di corresponsabilità da tenere – non nell’emergenza- ma nel dramma strutturale dei rifiuti nella nostra regione, è importante farle valere rispetto a due punti irrinunciabili per istituzioni e cittadini:
– quello del rispetto delle norme e dei princìpi anche da parte di un ente commissariale che non è avulso dal contesto istituzionale democratico;
– quello della razionalità del diritto, perché crediamo che non ci sia alcuna giustificazione, se non quella delle “servitù militari in caso di guerra o di emergenza da disastro civile” per la scelta di insediare in un’area dichiarata dalle istituzioni preposte ad alto rischio di dissesto idrogeologico e allo tempo stessa protetta, come quella delle d.o.c.g..
L’area di stoccaggio delle ecoballe di Petruro Irpino sarà una discarica camuffata, un ricettacolo che di ecologico non ha un bel nulla, essendo a tutti noto che questi rifiuti sono stati ammassati nei diversi CDR senza alcuna selezione, impregnati di percolato e quindi non più riutilizzabili, da considerare unicamente come materiale di scarto da discarica, altamente nocivo per l’ambiente e la salute della popolazione locale.
AIUTATECI A SALVARE UN PATRIMONIO NATURALISTICO DI ALTO PREGIO E DI CIVILTA’ .
NO ALLA DISCARICA NELL’AREA D.O.C.G. “GRECO DI TUFO”.
IL VINO E’ CIVILTA’