No alla “traslazione” integrale della pensione di reversibilità internazionale
“Il titolare di una pensione di reversibilità – ancorché originata da una pensione diretta liquidata in regime internazionale con il cumulo di contributi versati in Italia e all’estero – non ha diritto a un trattamento complessivo corrispondente a quello erogato al sua dante causa ma soltanto ad una quota di tale importo”. Questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 14514 del 1° luglio 2011, in merito al caso di alcuni eredi che avevano chiesto, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 407/90, il riconoscimento del diritto della loro dante causa a percepire il trattamento di reversibilità nella stessa misura già corrisposta al titolare diretto (coniuge deceduto). La Suprema Corte, rigettando il ricorso, ritiene corretta la conclusione della Corte di merito che, nel caso di specie, stabiliva il diritto della moglie a percepire solamente una quota pari al 60% della pensione di reversibiltà. Infatti nè dalla disciplina generale sui trattamenti ai superstiti nè da quella dettata in particolare dall’art. 7 della legge 29 dicembre 1990 n. 407 per le pensioni liquidate in regime internazionale, è lecito argomentare che sia consentita la “traslazione” dell’importo integrale della pensione del dante causa nel trattamento di reversibiltà. In conclusione i giudici di legittimità precisano inoltre che “per il caso che la pensione diretta benefici dell’integrazione al minimo, detta integrazione concorre soltanto a determinare la base di calcolo della quota in parola”.