No alle antenne dei telefonini in zona a vincolo cimiteriale TAR Lombardia-Brescia, sez. I, sentenza 01.12.2009 n° 2381
Il vincolo cimiteriale ha una triplice
finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla salvaguardia
della possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale, esso
garantisce anche il rispetto della tranquillità e del decoro dei luoghi
di sepoltura, che vengono incise da una struttura impattante quale un
traliccio di telecomunicazioni che non è più rispettoso della pietas
nei confronti dei defunti di quanto non lo sia una abitazione di
residenza.
Le valutazioni in fatto sulla concreta
compatibilità dell’opera con l’area cimiteriale (quali quelle sulla non
lesione delle esigenze sanitarie, e sulla impossibilità di espansione
in fatto dell’area cimiteriale) sono estranee alla disciplina del
vincolo di inedificabilità, che si fonda su valutazioni astratte prese
in considerazione una volta per tutte dal legislatore.
La
valutazione introdotta in giudizio sulla estraneità di un traliccio di
telecomunicazioni dalla disciplina del vincolo di inedificabilità non
trovano alcun fondamento nella norma attributiva del potere. In nessuna
disposizione dell’art. 338 sopra citato, infatti, il vincolo di
inedificabilità viene limitato soltanto alle abitazioni dove è prevista
la stabile residenza di persone.
Con queste motivazioni, il T.A.R. Brescia ha sanzionato l’illegittimità di due autorizzazioni ex d.lgs. n. 259/2003 rilasciate per l’installazione di un impianto e due ripetitori per la trasmissione di telecomunicazioni.
Frattando rammentando che “la
piena conoscenza del titolo edilizio, ai fini della decorrenza del
termine di impugnazione di una concessione, si verifica nella materia
edilizia con la consapevolezza del contenuto specifico di essa o del
progetto edilizio ovvero quando la costruzione realizzata rivela in
modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera e la
eventuale non conformità della stessa alla disciplina urbanistica. Per
far decorrere il termine d’impugnazione non basta, pertanto, che la
realizzazione dell’opera ne riveli le caratteristiche fisiche, ma
occorre anche che ne riveli in modo inequivoco l’eventuale non
conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica”, con ciò sanzionando l’inammissibilità della prassi c.d. “dei ricorsi al buio”,
il Giudice amministrativo ha ribadito le motivazioni che stanno alla
base della incompatibilità fra infrastruttura per stazioni radio base e
sussistenza del vincolo cimiteriale (orientamento che, da tempo, va
consolidandosi nella giurisprudenza amministrativa: cfr. anche T.A.R. Toscana, ord. n. 397/2009).
Preme, inoltre, rilevare l’esistenza di un interessante appunto processuale.
Il
Giudice amministrativo, ha definito legittima la deduzione del
ricorrente che, a fronte della difesa della controinteressata, ne aveva
messo in dubbio la validità argomentativa, ponendo in luce il fatto
che, l’accoglimento della eccezione della Compagnia, avrebbe ex se
determinato una (nuova) illegittimità dell’atto impugnato.
Parte
controinteressata, infatti, di fronte alla difesa del ricorrente e alla
replica ricevuta, aveva detto di “rifiutare” il contraddittorio, poiché
quello del ricorrente sarebbe stato un “nuovo motivo”, inammissibile e
tardivo.
Il Giudice adito, cogliendo nel segno, ha rilevato
che esiste un limite argomentativo che, in questo caso, è stata la
stessa controinteressata ad ampliare, controinteressata che – in tal
senso – non ha titolo alcuno per rifiutare il dovuto contraddittorio
cui essa stessa ha dato causa e al quale non poteva sottrarsi oltre.
T.A.R.
Lombardia – Brescia
Sezione I
Sentenza 1 dicembre 2009, n. 2381
(Pres. Petruzzelli, Est. Russo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 483 del 2007, proposto da:
A.G., rappresentato e difeso dagli avv. N.L., A.D.D., con domicilio eletto presso E.C. in X, via Y, z (Fax=xxxxxx);
contro
COMUNE DI C.V., rappresentato e difeso dall’avv. D.B., con domicilio eletto presso D.B., in X, via Y z;
nei confronti di
A.R.P.A. DELLA LOMBARDIA, non costituita in giudizio;
VODAFONE OMNITEL N.V., non costituita in giudizio;
TELECOM ITALIA SPA, rappresentato e difeso dall’avv. G.F.F.,
con domicilio eletto presso E.P. in X, via Y, x (Fax=xxxxxxx);
per l’annullamento
autorizzazioni
rilasciate dal comune in data 5.9.2006 prot. n. 12667 alla soc.
Vodafone omnitel n.v. e in data 9.8.2006 n. 11808 alla soc. Telecom
italia spa per la realizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni
per impianti radioelettrici per nuove stazioni base ed atti connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Costa Volpino;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 11/11/2009 il dott. Carmine Russo e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
L’odierno
ricorrente impugna i provvedimenti del 5. 9. 2006 e del 9. 8. 2006 con
cui il Comune di Costa Volpino ha autorizzato rispettivamente la
Vodafone Omnitel e la Telecom Italia alla posa in opera di una
infrastruttura per impianti radioelettrici da posizionare all’angolo
del territorio comunale posto tra via Donatori di Sangue e via Aria
libera, ovvero a circa 30 metri dall’abitazione del ricorrente.
I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:
1.
i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per violazione
dell’art. 87 d.lgs. 259/2003 e dell’art. 20 del d.p.r. 380/01 perché
emessi senza istruttoria sulla compatibilità urbanistica dell’opera,
istruttoria limitata al sintetico richiamo all’art. 53 delle n.t.a.
dello strumento urbanistico vigente;
2. i provvedimenti
impugnati sarebbero altresì illegittimi per violazione dell’art. 338
r.d. 1265/34 perché, ponendo i tralicci a 20 m. di distanza dal locale
cimitero, sarebbe stato violato il relativo vincolo assoluto di
inedificabilità;
3. i provvedimenti impugnati sarebbero altresì
illegittimi per violazione degli artt. 46 e 53 delle norme di piano,
atteso che l’art. 53 delle n.t.a. consente l’impianto delle
infrastrutture per telecomunicazioni nelle sole zone S9 (mentre la zona
in questione è E6), e l’art. 46 delle stesse n.t.a. ne consente la
realizzazione nelle zone E soltanto limitatamente all’indispensabile.
Si costituiva in giudizio il Comune di Costa Volpino, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.
Si costituiva altresì la Telecom Italia, che deduceva parimenti l’infondatezza dei motivi di ricorso.
Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 11. 11. 2009, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
Occorre preliminarmente affrontare l’eccezione di irricevibilità per tardività avanzata dalla controinteressata Telecom Italia.
L’eccezione
si fonda sulla circostanza che il traliccio per telecomunicazioni è
stato realizzato tra ottobre e novembre 2006, mentre la notifica del
ricorso è intervenuta a marzo 2007 (in particolare, la Telecom dichiara
la realizzazione del manufatto al 20. 11. 2006, la circostanza è
sostanzialmente ammessa anche dal ricorrente nei propri scritti
difensivi, talchè non si rende necessario procedere ad ulteriore
istruttoria sul punto mediante l’acquisizione documentale delle
produzioni tardivamente introdotte dalla controinteressata).
Il
ricorrente fa, però, decorrere il termine di cui all’art. 21, co. 1, l.
1034/71, entro cui notificare il ricorso, dalla data in cui il Comune
ha rilasciato al ricorrente il provvedimento impugnati, che
consisterebbe nel 1. 2. 2007, data di esecuzione dell’accesso agli atti.
Tale
deduzione è senz’altro corretta. “La piena conoscenza del titolo
edilizio, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di una
concessione, si verifica nella materia edilizia con la consapevolezza
del contenuto specifico di essa o del progetto edilizio ovvero quando
la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali
caratteristiche dell’opera e la eventuale non conformità della stessa
alla disciplina urbanistica” (ex plurimis Tar Salerno 4225/09). Per far
decorrere il termine d’impugnazione non basta, pertanto, che la
realizzazione dell’opera ne riveli le caratteristiche fisiche, ma
occorre anche che ne riveli “in modo inequivoco l’eventuale non
conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica” (CdS,
IV, 4015/09).
In un caso quale quello in esame, la cognizione
completa della regolarità della situazione abilitativa si ottiene
soltanto con l’accesso (si ricorda sul punto che per costante
giurisprudenza – Cons. Stato V, 19. 5. 98 n. 616, 1. 4. 98 n. 400, 2.
3. 94 n. 120; 9. 4. 94 n. 275; 20. 12. 85 n. 482; TAR Toscana, III, 12.
2. 03 n. 270 -, la mera affissione all’albo pretorio del comune non
costituisce formalità idonea alla decorrenza dei termini per
l’impugnazione di una concessione edilizia).
La difesa della
controinteressata deduce che, attribuendo un valore decisivo
all’acquisizione documentale ottenuta in sede di accesso, si finirebbe
con l’eludere i termini entro cui si determina l’inoppugnabilità del
provvedimento, in quanto il soggetto potrebbe ritardare l’accesso ad
libitum ed essere sempre ritenuto in termini anche a fronte di
costruzioni realizzate anni prima.
La deduzione è senz’altro
corretta, e ben formulata, in termini generali, ma si ritiene non sia
applicabile al caso in esame, in cui la costruzione dell’opera (durata
circa 3 settimane) è terminata il 20. 11. 2006, e la richiesta di
accesso agli atti è stata depositata dal ricorrente il 24. 11. 2006
(seguita dalle ulteriori richieste integrative del 11. 12. 2006, del
20. 12. 2006 e del 18. 1. 2007, con provvedimento abilitativo ottenuto
il 1. 2. 2007).
Il ricorso, pertanto, deve essere giudicato tempestivo.
Nel merito esso è fondato.
Il
punto di partenza è la norma attributiva del potere (non) esercitato in
concreto dall’amministrazione, che è l’art. 338 del t.u. leggi
sanitarie, secondo cui:
“I cimiteri devono essere collocati alla
distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire
intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal
perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti
urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge
Le
disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri
militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento
dell’ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione
amministrativa fino a lire 200.000 e deve inoltre, a sue spese,
demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i
provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il consiglio
comunale può approvare, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o
l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri,
quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a)
risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari
condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b)
l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade
pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione
prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi,
Per
dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il
consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della
competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area,
autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con
identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e
annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali
tecnici e serre.
Al fine dell’acquisizione del parere della
competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo,
decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene
espresso favorevolmente”.
Il posizionamento dell’opera
nella fascia di rispetto di 200 m. dal perimetro del cimitero è dato di
fatto pacifico ed incontestato (il manufatto sarebbe posizionata a
circa 20 m. dal muro del cimitero).
La difesa del Comune e
della controinteressata affermano, peraltro, che non vi sarebbe stata
violazione sostanziale del vincolo in quanto il manufatto in questione,
per le sue caratteristiche peculiari (si tratta di un traliccio per
telecomunicazioni) non avrebbe violato la ratio del divieto di
edificazione. Esso, infatti, non sarebbe destinato alla presenza
stabile di persone (con il che verrebbero meno quelle esigenze
sanitarie che sono sottese alla creazione del vincolo di
inedificabilità). In fatto, inoltre non sarebbe violata neanche
l’ulteriore ratio cui presidia il vincolo di tutela, e cioè la
possibilità di ulteriore espansione dell’area cimiteriale, in quanto
tra il manufatto ed il cimitero corre una piccola via che costituisce
ostacolo fisico preclusivo a qualsiasi possibilità di allargamento
dell’area cimiteriale.
Si ritiene che queste argomentazioni non siano corrette.
Anzitutto,
ci si permette di ricordare che in realtà il vincolo cimiteriale ha una
triplice finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla
salvaguardia della possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale,
esso garantisce anche il rispetto della tranquillità e del decoro dei
luoghi di sepoltura (cfr. per tutti Tar L’Aquila 1141/08: In forza
dell’art. 338 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, il vincolo cimiteriale
impone un divieto assoluto di edificazione e persegue la triplice
finalità di assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la
conservazione di una “cintura sanitaria” intorno allo stesso cimitero,
di garantire la tranquillità e il decoro ai luoghi di sepoltura, di
consentire futuri ampliamenti del cimitero), che vengono incise da una
struttura impattante quale un traliccio di telecomunicazioni che non è
più rispettoso della pietas nei confronti dei defunti di quanto non lo
sia una abitazione di residenza.
Occorre, inoltre, aggiungere
che le valutazioni in fatto sulla concreta compatibilità dell’opera con
l’area cimiteriale (quali quelle sulla non lesione delle esigenze
sanitarie, e sulla impossibilità di espansione in fatto dell’area
cimiteriale) sono estranee alla disciplina del vincolo di
inedificabilità, che si fonda su valutazioni astratte prese in
considerazione una volta per tutte dal legislatore (cfr. sul punto CdS,
IV, 4256/08: Il vincolo di rispetto cimiteriale preclude il rilascio
della concessione edilizia, anche in sanatoria ai sensi dell’art. 33,
l. 28 febbraio 1985 n. 47, senza necessità di valutazioni in ordine
alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal
vincolo).
Da ultimo si aggiunge che la valutazione introdotta in
giudizio sulla estraneità di un traliccio di telecomunicazioni dalla
disciplina del vincolo di inedificabilità non trovano alcun fondamento
nella norma attributiva del potere. In nessuna disposizione dell’art.
338 sopra citato, infatti, il vincolo di inedificabilità viene limitato
soltanto alle abitazioni dove è prevista la stabile residenza di
persone. Il primo comma dell’art. 338 stabilisce in modo molto più
generale, che “è vietato costruire” nel perimetro della fascia di
rispetto senza limitare il divieto a tipi specifici di manufatti (cfr.,
in giurisprudenza, Tar Toscana 1712/08: In materia di vincolo
cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista
dall’art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27 luglio
1934 n. 1265 nonché dall’art. 57 del d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole
per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di
abitazione e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici nella
specie in rilievo relativamente alla tutela delle esigenze di natura
igienico-sanitarie e della speciale sacralità dei luoghi). Ne consegue
che le deduzioni del Comune e della controinteressata tendenti ad
escludere dall’applicazione del vincolo un manufatto quale quello di
specie devono essere respinte.
Si affronta da ultimo, per mera
completezza, l’argomento introdotto dalla sola difesa della
controinteressata sulla possibilità prevista dall’art. 338, co. 5,
t.u., secondo cui sono pur sempre possibili deroghe alla fascia di
rispetto, in quanto “per dare esecuzione ad un’opera pubblica o
all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino
ragioni igienico-sanitarie, il Consiglio comunale può consentire,
previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la
riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi
ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici
preesistenti o la costruzione di nuovi edifici”.
A questo
argomento la difesa del ricorrente ha replicato che non esistono i
presupposti per l’applicazione in concreto di questa norma, atteso che
essa prevede l’approvazione della deroga ad opera del Consiglio
comunale laddove nel caso in esame il provvedimento abilitativo è stato
rilasciato direttamente dall’ufficio tecnico. La difesa della
controinteressata ha dichiarato di non accettare il contraddittorio sul
punto dell’organo competente a rilasciare la deroga, in quanto non
sollevato a suo tempo in ricorso, ma si tratta di pretesa del tutto
incongrua.
Non è stato, infatti, il ricorrente ad introdurre
l’argomento della possibilità di deroga alla fascia di rispetto, ma la
controinteressata Telecom, che però non ha ritenuto necessario
evidenziare adeguatamente che la deroga è sì possibile, ma solo con
delibera del Consiglio comunale. La difesa del ricorrente, evidenziando
che nel caso in esame non v’era stata alcuna delibera del Consiglio
comunale autorizzante la deroga, si è limitata a replicare ad un
argomento introdotto dalla controinteressata, e non ad un introdurre un
ulteriore motivo di ricorso, per cui non ha titolo la controinteressata
per accettare o meno il contraddittorio sul punto.
Restano
assorbiti gli ulteriori motivi formulati in ricorso. Infatti, “nel
giudizio amministrativo, l’accoglimento di una censura, che sia in
grado di provocare la caducazione dell’atto impugnato, fa venire meno
l’interesse del ricorrente all’esame degli altri motivi da parte del
giudice e la potestà di questi di procedere a tale esame, autorizzando
la dichiarazione di assorbimento” (Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre
2008, n. 4829).
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di
Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:
Accoglie
il ricorso, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti del 5. 9. 2006 e
del 9. 8. 2006 emessi dal Comune di Costa Volpino.
Condanna le
controparti in solido tra loro al pagamento in favore del ricorrente
delle spese di lite, che determina in euro 3.000, più i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11/11/2009 con l’intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 01/12/2009.