(Cass. Sez. III Civ. n.7233/11)
Esclusa la possibilità di invocare le tutele previste per il credito al consumo nel caso di contratto stipulato per il conseguimento di un corso professionale.
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito (seppur per motivazioni differenti) che condannava due studenti al pagamento delle rate residue per la frequenza di un corso per il conseguimento del diploma di economo dietista e di dirigente di comunità.
Ha ritenuto il collegio che non potesse essere invocata la nullità del contratto per violazione dell’art.124, comma 3, T.U. bancario (nella formulazione vigente ratione temportis).
“… Sul piano dei rapporti tra soggetti, il credito al consumo può attuarsi attraverso tre o attraverso due soggetti. Per esempio, intervengono tre soggetti nel finanziamento finalizzato (il finanziatore che consegna la somma al fornitore, il fornitore, il consumatore) e nel leasing (il finanziatore, il fornitore, l’utilizzatore). Intervengono due soli soggetti quando il credito al consumo assume la forma della dilazione di pagamento (da un lato il fornitore finanziatore, dall’altro il consumatore) o del finanziamento non finalizzato (da un lato il finanziatore, dall’altro il consumatore).
Ai soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari è riservato il credito al consumo nella sola forma di dilazione di pagamento del prezzo (art. 121, c. 2, lett. c). Quindi, nel nostro caso, di ipotizzata dilazione di pagamento da parte di un istituto di istruzione (ammettendo l’autorizzazione richiesta dalla legge, coincidente secondo interpretazione univoca in dottrina con la licenza di commercio), il rapporto è tra due soggetti ed è astrattamente configurabile l’applicabilità della disciplina del t.u. in argomento.
Tuttavia, oltre alla mancanza della licenza di commercio in capo al soggetto concedente (pure rilevata dal giudice di merito), non si rinviene, nella specie, la ricorrenza di un contratto implicante la concessione di un credito sotto forma di dilazione di pagamento”.
Il procedimento riguarda “… un contratto per un corso di studi di durata pluriennale (attraverso fornitura di materiale didattico, consulenze-lezioni, correzioni di compiti) per conseguire dei diplomi professionali, concordando un pagamento rateale”.
Con la stipulazione le parti “… hanno acquistato il diritto a cominciare a fruire di una controprestazione per sua natura erogabile nel tempo e il cui pagamento sarebbe stato naturalmente diluito nel tempo. Non importa qui stabilire se la durata della rateizzazione coincideva o meno con il corso di studi o se il pagamento anticipato dell’intero corso fosse o no minore dell’importo risultante dalla somma delle singole rate. Infatti, varie possono essere le ragioni economiche idonee a indurre le parti a concordare rateizzazioni ravvicinate, non sincroniche con la durata degli studi, e prezzi inferiori nel caso di pagamento dell’intero costo. Possono essere, la valutazione economica dell’alta probabilità di abbandono o il valore economico dell’immediata disponibilità del prezzo del corrispettivo (da parte dell’erogatore del servizio), o la sicurezza di frequentare l’intero corso e la valutazione del risparmio di un pagamento anticipato (da parte del fruitore). Queste possibili variabili non intaccano il dato centrale costituito dalla non ipotizzabilità di un credito, sotto forma di dilazione di pagamento, tutte le volte che è connaturale al contratto la diluizione nel tempo della prestazione erogata e del pagamento del corrispettivo.
Conferma della correttezza di tale interpretazione può ricavarsi dai casi in cui lo stesso t.u. esclude l’applicabilità della disciplina del credito al consumo.
Si pensi ai contratti di somministrazione (art. 121, c. 4, lett. b), relativi a prestazioni periodiche o continuative di cose (art. 1559 c.c.), in collegamento con l’art. 1677 c.c., in base al quale le norme relative alla somministrazione si applicano – se compatibili – anche all’appalto che ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi. Estensione che oggi trova conferma nell’art. 122 del t.u. (c. 1, lett. b), attualmente vigente, più aderente alla Dir 87/102/CEE, secondo cui (art. art. 1, c. 1, lett. c), “I contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio, pubblico o privato, in base ai quali il consumatore ha il diritto di versare il corrispettivo per tale servizio, per la durata della fornitura, mediante pagamenti rateali, non sono considerati contratti di credito ai fini della presente direttiva”.
Si consideri, ancora, l’esclusione dell’applicabilità della stessa direttiva (art. 2, c. 1, lett. b) “ai contratti di locazione purché non prevedano che il diritto di proprietà passi alla fine al locatario”; quindi, ai contratti per i quali è connaturata la diluizione nel tempo del pagamento del corrispettivo, con l’esclusione del leasing. La forzatura rispetto alla direttiva, presente nell’art. 121 lett. f), nella formulazione applicabile all’epoca dei fatti, che ha escluso solo i contratti di locazione che espressamente escludano un futuro acquisto della proprietà da parte del conduttore, è stata oggi eliminata dalla espressa esclusione dei soli contratti di leasing (art. 122, c. 3, attualmente vigente)”.